Carlo Bonatti, DS e molto altro
Quella di Carlo Bonatti è una storia talmente varia e articolata che ho deciso di dividere la sua pagina in due parti. Nella prima descrivo Carlo appassionato di ciclismo, prima pedalatore e poi DS, ovvero direttore sportivo di squadre giovanili con le quali ha raccolto diversi allori; nella seconda viene presentato il personaggio nella sua interezza, e si capirà che il ciclismo era sì la passione più grande, ma non l’unica. È difficile tenere il conto di tutti gli ambiti nei quali Carlo si è prodigato!

Un giovanissimo DS Carlo in bici
A voi la scelta, dunque: potrete conoscere il “DS”, direttore sportivo, profondo conoscitore del mondo ciclistico, oppure l’altro Carlo, pescatore, giocatore di bocce, esperto di antiquariato, artista, scrittore…
CARLO E IL CICLISMO
La passione di Carlo per il ciclismo è genuina, coltivata e vissuta sempre in prima persona, senza compromessi.
Nato nel 1944, Carlo trascorre la sua giovinezza nel tranquillo paesino di Bronzolo, ai tempi in cui Coppi e Bartali e poi Merckx e Gimondi scrivono pagine irripetibili della storia del ciclismo. Sull’esempio di queste mitiche figure, il futuro D.S. affina le doti di passista scalatore su bici sgangherate e strade polverose, con una grinta che gli regala più di una soddisfazione sulle salite della Mendola, del Passo San Lugano e di Pietralba e gli fornisce le giuste esperienze per i compiti futuri.
Poi arrivano il lavoro, il matrimonio ed i figli che interrompono la sua carriera nelle fila cicloamatoriali, ma Carlo non si perde d’animo e con pazienza e determinazione riesce a trasmettere a Marco e Christian la sua stessa passione per le due ruote. Così, dopo anni di inattività, la vena agonistica riprende gradualmente quota anche se il suo impegno passa dal pedalare… al far pedalare gli altri grazie al conseguimento del tesserino di direttore sportivo. Primo a sperimentare i suoi metodi di allenamento è Christian (qui un pezzo scritto per lui proprio da Carlo), e dai risultati ottenuti non si può che parlare di un bilancio esaltante, con una lunga serie di vittorie che porteranno i due alle soglie del ciclismo “vero”, quello della categorie dilettantistiche, trampolino di lancio verso il professionismo.
Con Christian e con un piccolo manipolo di ragazzini riuniti sotto la bandiera del G.S. Alto Adige Carlo gira mezza Italia raccogliendo soddisfazioni e allori un po’ dappertutto. Per una caduta perde il riconoscimento più prestigioso per un direttore sportivo nell’ambito ciclistico giovanile, la simbolica Lira che viene consegnata a chi porta alla vittoria un proprio atleta nella Coppa d’Oro, gara per allievi di carattere nazionale che si svolge ogni anno a Borgo Valsugana. Ma altre soddisfazioni sono dietro l’angolo e fin verso la fine degli anni ’80 è tutta una serie di vittorie e piazzamenti che rendono Carlo uno dei direttori sportivi più noti e stimati del Trentino Alto Adige. A questo link il suo racconto, che pur essendo incentrato sul figlio Christian è anche preziosa testimonianza delle vicende ciclistiche regionali di quegli anni.
Non è finita nemmeno quando Christian lascia le competizioni, perché subito dopo gli subentra Marco, appassionato quanto il fratello ma meno “esplosivo” sulla bicicletta, e per questo non così vincente. Eppure anche Marco migliora di gara in gara, mettendo a frutto la sagace guida tecnica che ne valorizza le innate doti di scalatore, fino a ritagliarsi un posto di tutto rispetto nell’ambiente cicloamatoriale della regione.
Una volta rientrato Christian, si forma un trio che consegue successi anche in trasferta, come le due vittorie nelle edizioni 1997 e 1998 del Campionato Triveneto IIa serie e le quattro maglie di campione CSAIN in due anni. Una piccola compagine che riesce spesso a rovinare i piani di squadre ben più titolate, grazie all’abile regia di Carlo che assegna il compito di “guastatore” a Marco e di “finisseur” a Christian.
Non sempre il lavoro di D.S. può essere svolto con la dovuta tranquillità, in quanto Carlo è spesso richiesto anche per la sua capacità organizzativa, ed ecco che talvolta lo si vede nelle vesti di direttore di corsa, altre in quelle di coordinatore del personale addetto agli incroci e al percorso.
Gli anni 2000 vedono Carlo alla regia del trofeo Bonatti, e qui forse egli dà il meglio di sé combinando la sua capacità organizzativa con la fantasia e ideando così una serie di prove semi-agonistiche seguite da premiazioni apparentemente e simpaticamente sconclusionate, ma che in fondo dispensano osservazioni e consigli da mettere in pratica sia in bici sia nella vita.
La storia si Carlo si conclude nel giugno 2016… ma chi vive nel cuore e nel ricordo degli altri non muore mai veramente. E per il nostro caro DS è proprio così!
————————
Ecco una sua produzione poetica!
Difficile volare
Quando la spinta di una gamba viene eguagliata dalla trazione dell’altra, allora volo!
Quando non sento il peso del mio corpo sulla sella, allora volo!
Quando tutta la mia forza viene assorbita dalla bicicletta ed arriva potente e morbida alla strada, allora volo!
Quando trovo la simmetria delle forze motorie, la regolarità del respiro, la concentrazione della mente, allora volo!
Non sempre mi riesce di volare.
Ma quei momenti mi appagano delle fatiche nella difficile ricerca di volare.
Intorno a me ci sono altri; anche loro sanno volare, a volte…
Quando sento di nuovo il mio peso sulla sella mi riprendo, ma so che prima o poi tornerò a VOLARE!
————————
Una curiosa proposta di Carlo: una gara di “Sercion”!
Il “Sercion” è un gioco di tempi ormai andati, quando non esistevano né computer né altre diavolerie tecnologiche e quando per divertirsi bastava il cerchio di una vecchia bicicletta ed una asticella di legno o metallo. Compito del giocatore era quello di mantenere in equilibrio il cerchio, facendolo ruotare il più a lungo possibile, magari di un terreno accidentato e tra ostacoli di vario tipo.
L’idea di Carlo sarebbe quella di riproporre tale gioco, abbinandolo ad una gara di ciclismo. La classifica stilata potrebbe poi essere utilizzata per esempio per l’assegnazione del pettorale, o per l’ordine di partenza di una cronometro.
Non c’è dubbio che gli atleti darebbero vita ad un quadretto singolare, ma sicuramente divertente. Si tratta ora di vedere quale possa essere la reazione ad una proposta tanto fuori dal comune. Di certo una cosa del genere stempererebbe animi talvolta un po’ troppo “accesi” e sdrammatizzerebbe situazioni che a volte hanno qualcosa di grottesco. Il ciclismo amatoriale è nato come attività prettamente ludica, ma si è ben presto trasformato in una sorta di “professionismo alternativo”, in cui il conseguimento del risultato è spesso l’unica fonte di soddisfazione.
Meditate gente, meditate…
————————
Poesia scovata dal DS, dedicata alla bici e risalente all’anno 1900!
I tre momenti del ciclista (da “la Domenica del Corriere” del 21/10/1900)
Trascorro in macchina
Paesi innumeri
Campagne roride…
Qua e là sorridemi
Vago profilo
Di donna e, in estasi,
Sopra le lubriche
Ruote scorrevoli – “Filo”.
Al “tin-tin” tremulo
De la campanula
Cantan le allodole,
I fiori ridono
Io rado il suolo
Pedalo fervido
E su le lubriche
Ruote scorrevoli -“Volo”.
Ma, se nell’impeto
Un sasso o un ostico
Cane frapponesi,
Mentre dell’aure,
Dei fior mi pasco,
La sella sfuggemi
E dalle lubriche
Ruote scorrevoli – “Casco”!…
————————
Una strampalata produzione del poliedrico DS: SOFFERENZA
Dopo aver cercato inutilmente di recuperare il nastro magnetico registrato a diverse voci nei primi anni 90, il DS Carlo cerca di ricostruire la stessa atmosfera con questo scritto. Carlo si rende conto che non potrà mai eguagliare l’originale, con quei canti malinconici e carichi di adrenalina nello stesso tempo, tanto da far rabbrividire i ciclisti più apatici…
Tutto nasce con un mio sogno nel quale, fin da giovane, sentivo una voce che mi ordinava di preparare tre bici, con cui tre sofferenti avrebbero dovuto vincere la Mendola: siamo a metà degli anni 50.
Seguo la voce del sogno e mi metto a cercare l’occorrente. Capita che il cugino Hansi rottami il suo camion: quattro ruote dietro più due davanti fanno sei ruote… giuste per tre bici!
I bombardamenti subiti nel ’43 dall’area ferroviaria di Bronzolo avevano messo sottosopra i binari: ecco il materiale per i telai! La trasmissione avverrà grazie a una corda di cuoio intrecciata, come selle si potranno usare le sedie del cinema di mia zia Anna, chiuso nel 1960.
Grazie al cugino Giulio, che ha un’officina meccanica, iniziamo le saldature: in due anni i mostri sono pronti, così come mi era stato ordinato in sogno!
Nel 1967 nasce mio figlio Marco e negli anni successivi Andreas e Fabio: scopriremo poi che essi sono destinati a combattere e vincere in bici la sofferenza!
Cresciuti senza conoscersi fino a 14 anni, incominciano a innamorarsi della sofferenza e si incontrano poi casualmente in occasione di una gara di ciclismo. Da quel momento la loro capacità di sofferenti e la loro forza fisica si moltiplicano: non ci sono dubbi, sono loro i predestinati, saranno loro a combattere la sofferenza!
Parlo loro del sogno, del quale inconsciamente anch’essi erano al corrente, e in coro i tre mi rispondono: “Dai DS, battiamoci, siamo pronti!”.
Li conduco al recupero rottami di Bronzolo, dove trovano ad attenderli le tre bici che avevo preparato per loro tanti anni prima. Ci salgono sopra: sono perfette, non c’è strumento più adatto per battere la sofferenza!
Pesiamo i mostri: 1,2 tonnellate, sufficienti per una lotta alla pari con la Mendola! Ora la montagna li aspetta, lì sconfiggeremo definitivamente la sofferenza!
I tre partono scortati dal DS con 500 litri d’acqua, 3 kg di banane e 40 di pane e pomodoro. In tre giorni raggiungiamo Bolzano, altri due e siamo ad Appiano… più la sofferenza li aggredisce, più il loro fisico bestiale scarica potenza sui pedali, al loro passaggio i marciapiedi sprofondano e l’asfalto si sgretola. Gli alberi a lato strada, alleati con la sofferenza, frustano i tre scalatori con i loro lunghi rami.
Per dieci giorni nessuno osa transitare sulla strada: il silenzio è tale che a Bolzano si sentono i sassi fatti cadere sui sofferenti da orsi, linci e caprioli. Aquile e cigni defecano dall’alto tentando di rendere la strada scivolosa; perfino la funicolare è loro nemica e li frusta con i suoi cavi d’acciaio.
L’unico a loro favore è il DS che, ricordando gli inni a quattro voci del primo nastro, urlava ad ogni curva facendo tremare la strada e smorzando almeno per un attimo la pendenza.
Nulla poteva fermarli… perché da anni conoscevano e studiavano la sofferenza… e ora la stavano umiliando!
All’arrivo sul passo le tegole dei tetti si staccano e formano una scritta: VITTORIA, poi sbattono tra loro come in un assordante applauso.
La sfida è vinta, ora tutti sono con gli eroi, i cigni applaudono, gli alberi regalano la loro ombra, le fontanelle zampillano acqua fresca mentre la sofferenza si ritira, mesta e battuta!

Una testimonianza di quanto fosse apprezzata l’opera di Carlo per il ciclismo regionale: le congratulazioni dell’allora presidente dell’Unione società sportive altoatesine Alessandro Pellegrini.
Qui l’avventura di mio papà, quando andò in bici a Salò per vedere una tappa del giro d’Italia del 1962!
L’ALTRO CARLO
Carlo Bonatti non è stato solo appassionato di ciclismo, ma un personaggio poliedrico. Non è facile elencare tutte le attività nelle quali si è prodigato portando sempre una contributo positivo e disinteressato. Pescatore e organizzatore di gare di pesca, giocatore e poi allenatore di bocce, appassionato di mercatini e poi esperto di antiquariato e restauratore di vecchie cose in genere, sempre legato alle sue origini contadine e quindi spesso a dispensare aiuti e consigli ad amici e conoscenti proprietari di orti e campagne e anche artista: memorabili le sue bici in legno, costruite artigianalmente, con le quali premiava i partecipanti del Trofeo Bonatti.

Questa bici è interamente opera di Carlo, dal materiale raccolto nel bosco alla cura dei più piccoli dettagli

Da una delle celeberrime premiazioni di Carlo: tutte le creazioni sono opera sua!
Ma Carlo era anche scrittore, autore di un libro sugli asparagi di montagna (apprezzato anche dagli esperti del settore) e di una raccolta di memorie sul paese in cui è nato, Bronzolo, in provincia di Bolzano.
A questo proposito ecco i link ai due libri, liberamente consultabili e scaricabili in formato PDF.
![]() |
![]() |
CARLO E I TEMPI ANDATI
Mio papà è sempre rimasto legato al suo paese Natale, Bronzolo, alla sua storia e ai ricordi che ha poi trascritto nel libro di cui ho parlato in questa pagina. Innumerevoli sono state le occasioni in cui mi ha raccontato fatti, aneddoti e curiosità da lui vissuti quand’era bambino. Questa, per esempio, è la copia di una foto che lui mi mostrò molti anni fa, e che ritrae la sua famiglia d’origine. Siamo alla fine degli anni ’40. Riconosco con piacere mio zio Augusto (Gusti), zia Anna, zio Domenico (Minchele), zia Pia, zia Renata e, in braccio alla mamma Emma, lo zio Giovanni. Il papà Domenico poggia la mano sulla spalla di Carlo.
E dal cassetto dei ricordi di Carlo spunta anche il “carro dei coscritti”, al quale i ragazzi di Bronzolo in attesa della chiamata alla visita di leva lavorarono per tre mesi, la sera dopo il lavoro, tra risate e qualche bicchiere di vino. Si tratta di una sorta di carro allegorico, lungo 5 metri ed alto 2,5, costruito con 18 pertiche di frassino portate a valle con una grande slitta, un metro cubo di rami di abete, 20 kg di filo di ferro e 50 rotoli di carta crespa colorata. Carlo ricorda la partenza da Bronzolo ed il viaggio verso Egna, dove si sarebbe svolta la visita di leva e dove giunsero decisamente “allegri” per i ripetuti brindisi durante il percorso. Fu addirittura coinvolto il vigile del paese, che si dimostrò decisamente tollerante… era il marzo 1962, altri tempi davvero!
Mio papà dovrebbe essere quello con il braccio aperto, alto sul carro… almeno credo!