Confrontare gli infiniti

Dal libro “Sull’orlo dell’infinito” del celebre fisico Paul Davies apprendo che esistono infiniti più grandi di altri infiniti; fatto talmente sconcertante da meritare un approfondimento!

La cosmologia è la scienza che studia l’universo nel suo insieme e che si prefigge di spiegarne l’origine e l’evoluzione. Si tratta di una disciplina che affronta con metodi prettamente scientifici argomenti che si scontrano con il senso comune e che richiedono capacità di astrazione e apertura mentale decisamente fuori dall’ordinario. Un famoso aneddoto cita per esempio lo scambio di battute di Sir Arthur Eddington, celebre astrofisico e filosofo della scienza degli inizi del ‘900 con un collega polacco, durante il quale fu stimato in due o forse tre il numero di persone in grado di comprendere a fondo la teoria della relatività einsteniana!
Non che il comune mortale ne debba per forza restare escluso; ma le barriere piscologiche creato dai nostri organi di senso sono superabili solo in parte. Addentrarsi in un libro di cosmologia è quindi un’avventura molto impegnativa, ma fantastica, perché schiude orizzonti impensabili: tempo e spazio che scambiano i loro ruoli, futuro che diventa passato, strappi nel tessuto dell’universo dove ogni legge fisica viene a cadere e altre amenità ne popolano le pagine.
L’idea di questo pezzo è nata proprio da un libro di cosmologia del celebre fisico Paul Davies intitolato “Sull’orlo dell’infinito”. Nella parte introduttiva egli rimarca più volte come la comprensione di argomenti molto complessi che vengono trattati nel libro presupponga una certa confidenza con altri “di base”, apparentemente più semplici; per esempio, quello di infinito. La lettura del capitolo II (“misuriamo l’infinito”) non può che suscitare sconcerto: ho sempre considerato l’infinito qualcosa di semplicemente incommensurabile, al di là della possibilità di essere contato, ma non pensavo si potessero confrontare gli infiniti e che ne esistessero alcuni più grandi di altri, pur essendo tutti di dimensione… infinita!
Ma andiamo con ordine…
Davies ci ricorda prima di tutto che è raro, nella vita quotidiana, avere a che fare con il concetto di infinito: anche il numero dei granelli di sabbia di una spiaggia, pur enorme, è quantificabile. L’infinito quindi non è qualcosa di enormemente grande, ma un qualcosa senza un limite superiore: per ogni elemento grande a piacere, ne esisterà comunque un altro maggiore. Non è possibile quindi scrivere per esteso una collezione infinita di oggetti. L’insieme dei numeri naturali, per esempio, viene indicata con “1, 2, 3…”, dove i puntini indicano che non esiste un estremo alla destra della successione.
Qualche considerazione un po’ più profonda ci costringe a confrontarci con il concetto di infinito; bastano per esempio alcune semplici domande sulla natura di spazio e tempo: l’universo si estende indefinitamente? Il tempo ha avuto un inizio e avrà una fine?
Altre occasioni per avere a che fare con queste strane entità si ebbero già con i matematici dell’antica Grecia, che considerarono il cerchio come un poligono il cui numero di lati viene aumentato all’infinito, oppure con il dilemma della freccia, il cui percorso verso un bersaglio potrebbe essere spezzettato in un numero infinito di segmenti, tanto da giungere al paradosso che la freccia, dovendo percorrerli tutti, non arriverebbe mai a toccare il bersaglio. Si giunse così a un compromesso, già avanzato da Aristotele, secondo il quale l’infinito è un qualcosa al quale si tendere, ma che si potrebbe raggiungere solamente con una successione infinita di operazioni: abbiamo dunque raggiunto i limiti del pensiero?
Con il teologo Bernhard von Bolzano prima e con il matematico Georg Cantor poi, si riuscì a scalfire questo atteggiamento, riuscendo in qualche modo ad adottare un nuovo approccio verso l’infinito.
Già Leibniz nel 1660 aveva intuito che l’insieme dei numeri naturali è talmente grande che i suoi membri non sono più numerosi di quanto lo è una parte dell’insieme stesso. Incredibile? Eppure è facilmente dimostrabile con un esperimento mentale, prendendo dei cartellini e numerandoli progressivamente da 1 fino all’infinito. Si immagini poi di raddoppiare il valore segnato sui cartellini, scrivendo sul retro il doppio della cifra segnata sul davanti (quindi 2, 4, 6, 8…). In questo modo si otterrà l’insieme dei numeri pari, anch’esso illimitato, pur non essendo cambiato il numero dei cartellini: il “buon senso” ci suggerirebbe invece che i numeri pari siano la metà di tutti i numeri naturali!
Possiamo allora concludere che raddoppiando un insieme infinito nulla cambia! E logica conseguenza è che triplicandolo o moltiplicandolo per un altro infinito si ottenga ancora la stessa infinità di partenza.
La dimostrazione di quest’ultima affermazione (infinito al quadrato è uguale a infinito) si evidenzia nella figura seguente: si prenda un reticolo di punti con infinite righe e infinite colonne fino a giungere al primo disegno, che rappresenta un infinito al quadrato; si può facilmente dimostrare che in questo reticolo non vi siano più punti di quanti ne contiene una singola riga, per esempio quella evidenziata in giallo. Per convincersene basta seguire il percorso a zig-zag del secondo disegno, che vorrebbe unire uno dopo l’altro tutti i punti del reticolo; a ogni unione si depenni un punto sulla riga evidenziata. Nessun punto di quelli toccati resterà senza un “compagno” appartenente alla riga segnata in giallo: si giunge così al paradosso che una sola delle infinite parti componenti una matrice contiene la stessa quantità di punti della matrice stessa!

Figura 1: una riga di infiniti punti non contiene meno punti di un infinito quadrato costruito su di essa!

Dopo lo sconcerto derivante dal fatto che un’infinità non cresca aggiungendovi un altro insieme infinito, ecco un’altra sorpresa: anche aggiungendo ai numeri naturali tutti i numeri frazionari, l’infinità non aumenta!

Figura 2: classificazione dei numeri reali.

Se già i numeri reali sono un’infinità, ancora più inesauribile (se così si può dire…) sarà l’infinità dei numeri frazionari. In effetti, basta pensare a due frazioni “vicine” come 1/250 e 1/251; ebbene, comprese tra di esse si possono facilmente estrarre frotte di frazioni, per esempio 2/501 e 4/1001, e così via, senza fine.

Figura 3: partendo da una linea continua, posso procedere a un infinito numero di suddivisioni in segmenti sempre più piccoli, nei quali si annida un numero infinito di frazioni.

Si potrebbe allora pensare che esistano più frazioni che numeri interi, ma ancora una volta la risposta è NO. Guardando la figura 1, possiamo supporre di associare ogni frazione a un punto della matrice in un semplice modo: la frazione 7/43, per esempio, sarà associata con il punto collocato nella settima riga della quarantatreesima colonna. Avendo a disposizione un’infinità di punti, potremo associare senza problemi ogni frazione a un punto. Strano, ma vero!
Per quanto stupefacenti possano essere queste affermazioni, è meglio prepararsi al peggio… perché a questo punto potremmo decidere che l’infinità dei numeri naturali sia così immensa da non poter esistere nulla di più grande: sarebbe una conclusione sbagliata! Cantor, con un famoso teorema, dimostra che esiste un’infinità talmente grande, quella dei numeri irrazionali, da non poter essere contata nemmeno disponendo dell’infinità dei numeri naturali! Esistono infatti dei numeri “nascosti” tra una frazione e l’altra (tutte, ricordiamolo, associabili a un numero naturale) non esprimibili né con un numero naturale, né con una frazione (esempio: radice quadrata di 2 oppure pi greco). In sostanza: l’insieme dei numeri decimali (formata dai numeri razionali e da quelli irrazionali) costituisce un’infinità più grande dell’insieme di tutte le frazioni (i soli numeri razionali).
Un esempio? Si prenda un quadrato con il lato lungo un metro e se ne calcoli la diagonale: essa non sarà esprimibile con una frazione, ma con un numero provvisto di infinite cifre decimali dopo la virgola. Nella figura 3, quindi, non troveremo un posto per questo numero e di conseguenza non potremo “etichettarlo”. Esso giace in un luogo indefinito attorno alla frazione 1+207/500!
Un’altra dimostrazione? Se i due insiemi (numeri decimali e numeri razionali) fossero “infinitamente uguali” (mi si conceda l’espressione), dovrebbe essere possibile contrassegnare tutti i decimali con gli infiniti numeri naturali a nostra disposizione. Cantor ha dimostrato che è possibile creare un decimale non contrassegnato da un numero naturale. Si prenda per esempio questa successione di decimali, del tutto arbitraria, che rappresenta una parte di una serie infinita:


0,14523579…
0,43598648…
0,65439124…
0,45671233…
0,65112114…
0,43267890…
0,34524577…
0,63798845

Creiamo ora un nuovo decimale partendo dalla prima cifra dopo lo zero del primo numero e scendendo in diagonale (si tratta delle cifre in grassetto); otteniamo 0,13472875… Sottraiamo 1 a ogni cifra e otteniamo 0,02361764… Ebbene, questo numero non sarà presente nella successione infinita contrassegnata dai numeri naturali che abbiamo appena visto, in quanto differisce per almeno una cifra da ciascun numero decimale appartenente alla successione. Questo infinito è dunque più grande di quello costituito dall’insieme dei numeri razionali!
Il libro prosegue poi con altre considerazioni sulle infinità, ma ritengo opportuno fermarmi qui… ed è solo l’inizio per chi voglia capirci qualcosa di buchi neri, orizzonti degli eventi e altri oggetti esotici…

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