Fantasie cosmiche

Ciò che accade in questo racconto è frutto di fantasia… almeno per ora, si dovrebbe aggiungere! L’osservazione astronomica sta rivelando infatti l’esistenza di sistemi stellari sparsi ovunque nell’universo.
Immaginiamo dunque un futuro, nemmeno troppo remoto, in cui la tecnologia abbia raggiunto un tale livello di sviluppo da permettere a chiunque di affrontare un viaggio interstellare.
Ecco allora quella che potrebbe essere la cronaca di un’escursione spaziale nell’anno 2400…

“Francesca, proprio non ti capisco!” esordì stizzito Marco dopo una lunghissima quanto vana attesa. “Siamo ormai a duecento unità astronomiche 1 dalla Terra e non hai ancora aperto bocca! Con quello che è costato il viaggio, il minimo è che tu dica qualcosa, te ne prego!” proseguì tradendo una tensione che non poteva essere frutto di un semplice disappunto.
Qualcos’altro, in effetti, c’era.
Il solo pensiero di staccare i piedi da terra lo aveva sempre terrorizzato. Così le aveva provate tutte per distogliere sua moglie dall’idea di un’escursione nello spazio, una di quelle esperienze buone, a sentire lui, solo per farne motivo di vanto con gli amici. Non serviva a tranquillizzarlo nemmeno il fatto che la tecnologia del venticinquesimo secolo avesse reso i viaggi interstellari una questione d’ordinaria amministrazione. Erano addirittura sorte agenzie specializzate nello spedire i curiosi ovunque fosse possibile; l’universo era ormai ridotto a uno sconfinato parco di divertimenti.
Marco non aveva però tutti i torti: lo spettacolo a cui stavano assistendo sembrava meritare qualcosa più di un semplice, irritante silenzio. Alla fantastica velocità di nove milioni di chilometri al secondo, erano bastati pochi minuti per aprire nuovi e meravigliosi scenari e fare del loro pianeta un punto raggiungibile solo con la fantasia, laggiù, in una delle tante voragini nerissime del cosmo.
“Che ti posso dire?” rispose lei, con aria trasognata. “Ti sembrerò banale, ma non trovo le parole adatte. Aveva ragione Martin, quando sosteneva che è inutile tentare di descrivere un viaggio a velocità iperluce 2“.
Martin, loro grande amico, era un vero decano dei viaggi interstellari. Uscito dall’accademia, si era presto guadagnato un posto di spicco tra i piloti della flotta terrestre grazie alle sue imprese leggendarie. Marco lo descriveva scherzosamente come un tipo con la testa tra le nuvole, “colpevole” di aver stuzzicato la curiosità di Francesca con racconti di mirabolanti missioni al di fuori del sistema solare, tra meraviglie cosmiche d’ogni genere.
Nessuno dei due aveva mai dimostrato una particolare simpatia per certe diavolerie tecnologiche: entrambi preferivano stare con i piedi per terra, in tutti i sensi.
A un certo punto, però, Francesca si era impuntata per quella breve quanto rivoluzionaria esperienza. Dopotutto, che pericolo si poteva correre? Da due secoli non si registrava un solo guasto sulla miriade di astronavi in viaggio per la Galassia. Inoltre la navetta disponeva di un affidabilissimo computer di bordo, un termine per la verità riduttivo per descrivere un essere cibernetico ai limiti della perfezione, in grado di tenere sotto controllo ogni attività, dalla preparazione del caffè alle complesse implicazioni della navigazione a velocità relativistiche. Il viaggio era dunque virtualmente sicuro al cento per cento.
Eppure, nonostante questa rassicurante certezza, a bordo regnava un certo nervosismo…
“Chi ci capisce qualcosa è bravo” disse Marco, cercando di abbracciare con un solo sguardo la moltitudine di spie luminose che lampeggiavano a console. “Dimmi un po’ che gusto ci si trova a mettere la propria vita nelle mani di un fascio di circuiti bioelettronici!”
“Stai tranquillo, dai!” lo rincuorò lei. ” Non vorrai rovinare tutto con la tua solita diffidenza! Goditi lo spettacolo, domani sarai di nuovo tra le tue montagne e questo sarà solo un bel ricordo!”
Già, le sue amate montagne… bisognava però rimettere i piedi sulla Terra, prima di tutto. A chi non si era mai alzato in volo quelle centinaia di miliardi di chilometri che li dividevano da casa parevano un abisso davvero incolmabile!
“Guarda!” proseguì, cercando di distrarre il compagno. “Quella è la galassia di Andromeda 3! È stupenda, non trovi? Duecento miliardi di stelle, tutte in quel batuffolo luminoso!”
“Presto raggiungeranno anche quella.” commentò distaccato Marco, che di astronomia era più che un semplice appassionato. “Se ne sentono di tutti i colori, ormai!” riprese con maggiore veemenza. “Io davvero non capisco quale sia la molla che spinge la gente a simili…”
“Due minuti al contatto visivo” annunciò provvidenzialmente la voce metallica del computer. “I gentili clienti sono pregati di affacciarsi alla vetrata della navetta”
Erano giunti in prossimità del punto cruciale della loro escursione, un sistema stellare composto di tre soli di straordinaria bellezza: una gigante blu luminosissima, grande cento volte il Sole, una arancione poco più piccola e una nana verde, quasi invisibile di fronte alla potenza delle compagne. Il tutto era impreziosito da una coorte di dodici stravaganti pianeti, tra i quali figurava Caesar, il sesto nell’ordine, in prossimità del quale la navetta avrebbe nuovamente rivolto la prua verso la Terra, con buona pace di Marco.
“Decelerazione in corso” confermò il computer.
La fine del viaggio iperluce fu annunciato dal ritorno a un aspetto normale di tutto ciò che era al di fuori della navetta. Ma, in quel contesto, che significato poteva avere la parola “normale”? Tutto si poteva dire di quel mastodontico luna park nel quale si stavano addentrando, tranne che avesse qualcosa di famigliare.
“Dunque quello sarebbe il famoso sistema stellare!” disse affascinata Francesca. “È molto più bello delle immagini che ci hanno fatto vedere sulla Terra!”
“Ci mancherebbe, con quello che ci costa il viaggio!” reagì malamente Marco, sempre preda di strani presentimenti.
“Dai, non essere banale!” riprese lei, facendo ricorso agli ultimi scampoli di pazienza. “Sei troppo nervoso, prova a goderti lo spettacolo!”
Marco si sforzò di seguire il consiglio della compagna. Fece un gran sospiro e si avvicinò timidamente all’ampia vetrata della navetta, come se dovesse affacciarsi sull’orlo di un baratro. Sgranò gli occhi dinanzi ai tre soli, ormai vicinissimi. Li univano giganteschi ponti di gas incandescenti, costituiti dalla materia che l’uno sottraeva all’altro, in una sorta di colossale tiro alla fune.
“Ebbene?” chiese Francesca, confidando nella selvaggia bellezza di quello spettacolo. “La stella blu sembra proprio una pietra preziosa. Un topazio di qualche milione di chilometri di diametro!” disse simulando una tranquillità che proprio non riusciva a mantenere. “Ecco Caesar! Sai, dicono che sulla sua superficie si scatenino terremoti di dimensioni continentali. Le prime sonde giunte da queste parti hanno fotografato immense regioni sconvolte da recenti cataclismi. Non ci scenderei per nulla al mondo…”
“Attenzione, inversione di rotta in corso” riprese la voce del computer, quando ormai la massa del pianeta ricopriva gran parte della loro visuale.
La navetta sembrò per un attimo entrare in orbita attorno a Caesar, ma deviò subito con un’elegante virata rivolgendo nuovamente la prua verso l’infinito. Marco sapeva di doversi trattenere, ma dentro di lui il conto alla rovescia per il ritorno a casa era già iniziato.
“Accensione motori a velocità iperluce” annunciò pomposamente il computer. “Destinazione: Terra. La Cosmo Travel si augura che lo spettacolo sia stato di vostro gradimento!”
“Si torna a casa!” esclamò lui, senza preoccuparsi di nascondere un certo compiacimento.
“Speravo ti fossi tranquillizzato…” replicò delusa Francesca. “Ma devo costatare che non è così! Mi devi spiegare perché…”
In quell’istante la luminosità nella sala comandi calò vistosamente; pochi momenti e tutto piombò in un silenzio irreale. Un evento inaspettato, davvero una brutta sorpresa per i due novelli escursionisti dello spazio. Nonostante le rassicurazioni avute in agenzia viaggi e la presenza di svariati sistemi di sicurezza, qualcosa sembrava essere andato storto!
Un guasto a migliaia di miliardi di chilometri da casa, che cosa poteva esserci di peggio?
“Computer, cosa succede?” urlò Marco, fuori di sé, nella penombra rischiarata dalla luce del sistema stellare. Questa volta la voce metallica non portò la sua solita, rassicurante freddezza.
“Guarda la console!” disse Francesca “è completamente spenta. Tutto disattivato. Si direbbe che non funzioni più nulla!”
“Mi sentiranno, quando torneremo a Terra!” sbraitò lui. “Lo sapevo, lo sapevo! Io te lo avevo detto che non c’era da fidarsi!”
“Calmati, per favore!” lo pregò lei. “I soccorsi non tarderanno, vedrai. Non possono certo permettere che ci accada qualcosa. Sarebbe una pessima pubblicità per tutto il settore del turismo spaziale!”
“Base Terra, base Terra!” si sgolò Marco nel comunicatore senza darle ascolto. “Abbiamo avuto un guasto a bordo! Base Terra, rispondete!”
“Sai bene che le comunicazioni sono gestite dal computer” lo ammonì Francesca “e non credo si sia tenuto conto del fatto che una macchina tanto perfetta potesse semplicemente… spegnersi! Vedrai, non dovremo aspettare a lungo…”

Di tempo, invece, ne trascorse parecchio.

Assorti nei loro pensieri, Marco e Francesca non si accorsero subito che sotto di loro Caesar si stava facendo sempre più grande. Ma fu solo una questione di tempo: il fatto che la navetta si stesse dirigendo verso il pianeta si fece a un certo punto troppo evidente.
Ai due bastò uno sguardo per intendersi: erano stati catturati dal campo gravitazionale di Caesar e il loro destino sarebbe stato quello di schiantarsi sulla sua superficie!
“Che cosa possiamo fare?” chiese a gran voce Marco, sul punto di essere sopraffatto dal terrore. Si guardò intorno più volte, incrociando lo sguardo di sua moglie, perso nello spettacolare oceano violetto che ricopriva Caesar.
Pensò e ripensò a lungo. Più volte Martin aveva decantato i pregi delle navicelle spaziali. Aveva descritto loro ogni singolo automatismo, ogni più piccolo accorgimento studiato nei laboratori perché nulla fosse lasciato al caso. Se in quel momento fosse stato lì, di certo sarebbe riuscito a risolvere il problema e nello stesso tempo ne avrebbe sentite tante sulle sue navicelle e sulle loro stramaledettissime astrusità ipertecnologiche!
Ora però bisognava liberarsi da quell’inutile pensiero e concentrarsi su tutto ciò che, sia pur controvoglia, aveva imparato a riguardo. Un giorno l’amico gli aveva parlato della possibilità di una guida manuale, ma aveva ben presto liquidato l’argomento perché fin troppo sicuro che mai vi sarebbe stata la necessità di un così primitivo accorgimento. Ma sì, gli aveva addirittura detto che, se tutti i sistemi di sicurezza fossero venuti a mancare, un quadro comandi avrebbe permesso di guidare la navicella grazie all’energia solare: di certo quella non mancava, in quel disgraziato momento!
“Forse possiamo fare qualcosa!” se ne uscì esultante.
“Vedi? Questo è una specie di posto di guida manuale. Dovrebbe essere sufficiente sfiorare questo pannello…” al suo gesto una serie di spie luminose si accese a console. “Secondo Martin anche un bambino sarebbe in grado di guidarla. Basterà impartire una serie di comandi, come se fossimo alla guida di un aereo dell’antichità”.
Marco tirò lievemente la cloche verso di sé, e la navetta rallentò il suo moto quasi istantaneamente. La ruotò, e ancora una volta l’astronave rispose docile al comando, virando leggermente verso destra.
“È facilissimo!” esclamò sollevato. “Stai tranquilla, ora ti porto giù io!”
Francesca non replicò: lo lasciò fare, sollevata dal fatto che il compagno avesse dimenticato, almeno per il momento, che si trovassero in quella situazione per causa sua. Tornò a osservare la superficie del pianeta che si avvicinava vertiginosamente, scorgendo montagne e pianure, vallate e laghi bianchissimi, quindi dettagli ancor più minuti, fino alle singole rocce…
All’ultimo istante la navetta si dispose verticalmente, in posizione d’atterraggio. L’impatto fu tutto sommato abbastanza dolce.
“Manovra completata!” urlò Marco orgogliosamente. “Chissà cosa dirà Martin, quando glielo racconteremo!”

Si affacciarono agli oblò. Non era giorno, eppure non si poteva dire nemmeno che fosse notte. Per un abitante della Terra la notte non poteva che essere buia, confortata al massimo dal tenue chiarore della luna. Qui, invece, una gigantesca scia di stelle multicolori solcava tutto il cielo del pianeta.
“Che meraviglia!” esclamò Francesca.
“Sono le stelle della Grande Nube di Magellano” -spiegò Marco, sfoderando un’inaspettata serenità. “Vicinissime, in termini astronomici: solamente qualche settimana-luce 4 di distanza. Duecento miliardi di chilometri, per essere più chiari!”
Rimasero immobili a lungo, osservando quello spettacolare tappeto di luci variopinte che sembrava uscito da un libro di fiabe.

“Quanto tempo è passato?” se ne uscì Marco bruscamente, sul punto di ripiombare nel suo solito pessimismo.
“Una quindicina di minuti” rispose lei, nonostante l’orologio a console indicasse molto di più. “Saranno ormai alla nostra ricerca. Vedrai, tra poche ore saremo a casa.”
“Già…” riprese lui con tono non troppo convinto. “Certo che questa volta Martin mi sentirà, eccome!”
Marco tornò a scrutare silenziosamente il cielo. Ci restò a lungo, tanto da percepire il moto delle stelle sulla volta celeste. Il movimento era talmente rapido che ogni minuto si profilavano sempre nuove costellazioni. Un cigno, un cane, una nave, quante forme riuscì a distinguere! Si ritrovò bambino, steso su di un prato, sotto il grandioso spettacolo del firmamento. Così era maturata quella grande passione per l’astronomia che non l’avrebbe più abbandonato. Da anni non provava la sensazione di calma interiore che lo stava invadendo. Se ne stupì moltissimo, ma non offrì resistenza, seguitando a fantasticare a lungo.
Poi il gioco si fece più difficile, le forme meno definite. La luce delle stelle si affievolì, soffocata da un’altra presenza che stava prendendo il sopravvento.
In breve una fetta dell’orizzonte si illuminò di riflessi bluastri.
“Francesca! Corri a vedere: è l’alba!”
Un bagliore fortissimo annunciò il disco della gigante blu 5, pronta per la sua quotidiana parata nel cielo di Caesar.
“Non ci posso credere… si sta facendo giorno… ma che giorno è mai questo?”
Nessuna meraviglia terrestre avrebbe mai potuto offrire loro un simile spettacolo. Nemmeno l’eclissi totale di Sole, che avevano atteso per anni, e che solo pochi giorni prima avevano seguito passo dopo passo, tra telescopi e computer, dimenticando qualunque altra cosa.
“Sai?” disse Marco strizzando gli occhi per resistere allo splendore. “Se fossi sicuro di poter contare sui soccorsi, potrei quasi dirmi contento di essere qui!”
“Come? Questa è buona!” esclamò Francesca. “Sicuro di non aver battuto la testa durante l’atterraggio?”
“Dai, smettila!” -rispose lui con un sorriso inatteso. “Chissà quanto sarà grande la stella. Quando saremo a casa darò una bella spolverata ai miei videolibri di astronomia, promesso! Se solo mi fossi portato dietro qualche strumento! Adesso sarei in grado di determinare distanza, grandezza, magnitudine assoluta…”.
“Non è che adesso parti in quarta con uno dei tuoi pistolotti astronomici, vero?” chiese lei tra il preoccupato e il divertito, ma felice di rivedere dopo tanto tempo il compagno in preda a un simile entusiasmo.
“Stai tranquilla, cercherò di non annoiarti… piuttosto, credo che le sorprese non siano finite. Osserva la scia luminosa che segue la stella…”
Si concentrarono sulla lunga coda scintillante che conferiva all’astro l’aspetto di una gigantesca cometa. Essa si fece più luminosa, mutando gradualmente colore, passando a sfumature verdi. Poi, nello stesso punto in cui pochi minuti prima era sorta la gigante, si andò profilando una nuova presenza. La sfera verde che stava sbucando all’orizzonte sembrava seguire il colosso bluastro in un fantasmagorico traino celeste!6
“Sembra un cagnolino portato al guinzaglio!” esclamò Francesca.
“Che fantasia!” commentò divertito Marco, ormai dimentico di tutto. “Allora io ci vedo un prigioniero in catene: questa volta Golia ha battuto Davide! Beh, a sessantamila miliardi di chilometri dalla Terra può accadere anche questo!”
“Ci pensi? Su questo pianeta si potrebbe suddividere il tempo in base al colore della stella che splende nel cielo. Potremmo darci un appuntamento alle ore nove del blu, oppure alle sette del verde. Che ne dici delle cinque del blu-verde? Ti potrei portare in quel ristorantino che ti piace tanto!”
“Accettato!” -rispose lei con una fragorosa risata.
Marco si voltò, guardandole il viso accarezzato dai colori che inondavano l’interno della navetta. Si ricordò perché l’aveva sposata, e perché l’amava tanto. Tornò con lo sguardo agli oblò, turbato, come se l’avesse rivista dopo moltissimo tempo.
“Sbaglio o le due stelle sono sempre più vicine?” -chiese Francesca, per rompere quel silenzio quasi imbarazzante.
“Dipende dalla posizione che il pianeta assume durante il suo moto di rivoluzione attorno ai due astri” spiegò Marco. “Moto che, in presenza di masse così grandi, risulta particolarmente complesso. Direi che non c’è proprio tempo per annoiarsi…” preferì non terminare il discorso a voce alta. Si trovò ad augurarsi tra se e se che i soccorsi tardassero ancora. Quando mai avrebbero avuto un’altra simile occasione?
Le sue aspettative furono ben presto soddisfatte. Pochi minuti dopo una fiabesca eclisse mutò per l’ennesima volta le condizioni di luce e colore sulla superficie del pianeta.
“Ora un cerchio color smeraldo è centrato in uno spropositato disco blu!” disse improvvisando una sorta di radiocronaca. “Durerà poco, purtroppo. Caesar ruota molto velocemente attorno al proprio asse. Quante diversità con la nostra Terra!”
“Attenta! Ora si distingue bene il ponte luminoso composto dalla materia che la gigante blu sta letteralmente strappando all’altra stella. Cannibalismo stellare, ecco la definizione usata dagli scienziati! Quanto potrà sopravvivere, la piccola, prima di venire ridotta a una insignificante pallina di gas?” sospirò, sopraffatto da un interrogativo che in quel momento sembrava di vitale importanza.
Francesca lo osservò stupita. Suo marito non era certo il tipo da lasciarsi andare in quel modo. Il classico tipo razionale, poco avvezzo a esternare i propri sentimenti. Sorrise tra sé e sé, pensando che, dopotutto, lo spettacolo del suo compagno tornato bambino era il migliore in assoluto.
“Ancora nulla.” costatò Francesca, scrutando lo spazio circostante.
“No, purtroppo!” -rispose lui- “questa gigante arancione vuol proprio farsi desiderare”.
“Io parlavo dei soccorsi!” ribatté lei, sempre più sconcertata.
“Ah sì, i soccorsi. Piuttosto, se ti dicessi che sto prendendo in considerazione l’invito di Martin per quell’esplorazione di Plutone?”
“Stai scherzando, vero? Non sappiamo nemmeno come usciremo da questo viaggio e tu ne stai già progettando un altro!”
“Guarda laggiù!” la interruppe estasiato Marco, che non aveva mai staccato gli occhi dagli oblò. “Quel chiarore non può che annunciare la terza stella! Non è favoloso? Si prospettano un’alba arancione e un tramonto blu-verde!”
Per qualche minuto il cielo fu teatro di una battaglia tra opposti colori.
“Eccola, eccola!” urlò lui correndo da un lato all’altro della sala comandi. “Sta iniziando il giorno arancione!”
Nei minuti che seguirono, la nuova arrivata assunse il dominio del cielo. Anche la stella verde, seguendo il gigantesco guinzaglio, scomparve presto all’orizzonte, lasciando la superficie immersa in un’accecante luce arancio.
Proprio in quel momento un ronzio si diffuse all’interno dell’abitacolo. Una a una, tutte le spie presenti a console presero a accendersi.
“Marco! Francesca! Mi sentite?”
“Martin! Sei tu?” urlò Francesca nel comunicatore.
“Sì, state bene?”
“Qui è tutto a posto, Martin, anche troppo!”.
“Che vuoi dire?”
“Niente, ti spiegherò. Tu, piuttosto, che ci fai da queste parti?”
“Non appena ho saputo dell’incidente mi sono precipitato, era il minimo che potessi fare! State tranquilli, tra due minuti saremo da voi!”
“Hai sentito? Si torna a casa!” esclamò Francesca felice.
“Solo fino al prossimo viaggio…”- le rispose Marco sorridendo.

Note
1) L’unità astronomica è un’unità di misura delle distanze. Essa corrisponde alla distanza Terra-Sole, fissata per approssimazione a 150 milioni di chilometri.
2) Nonostante la teoria della relatività di Einstein la neghi decisamente, negli ultimi tempi la possibilità di viaggi interstellari a velocità superiori a quelle della luce è stata oggetto di accesi dibattiti.
3) Se si escludono la Piccola e la Grande Nube di Magellano, isole di stelle “satelliti” della Via Lattea, Andromeda è la galassia a noi più vicina. Essa dista 2.200.000 anni luce e dalla Terra è visibile come una piccola nube luminescente.
4) Basarsi sul numero di chilometri (299.998 per secondo) coperta dalla luce in una unità di tempo prestabilita è il metodo più utilizzato per misurare le distanze in astronomia. L’anno luce, per esempio, corrisponde a circa 9800 miliardi di chilometri.
5) La dimensione di alcune stelle giganti esistenti nel cosmo è davvero impressionante. In alcuni casi esse hanno diametri superiori a cento milioni di chilometri. Se una di queste stelle fosse posta al centro del Sistema Solare, la stessa Terra si troverebbe a essere inglobata negli strati più esterni dell’astro!
6) Dalle osservazioni di questi ultimi decenni è emerso che sistemi composti da due o più stelle sono piuttosto frequenti nel cosmo. Simili configurazioni non sono certo favorevoli allo sviluppo di forme di vita: forti sbalzi termici, radiazioni e anomalie gravitazionali renderebbero problematica la sopravvivenza.

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