Grandi salite
Trattandosi di una rubrica dedicata alle grandi salite, qualcuno potrebbe aspettarsi un elenco di voci nobili: lo Stelvio, il Rombo, il Gavia… invece nulla di tutto questo! Mi limiterò a descrivere ascese meno note, ma non per questo poco impegnative. Forse qualche bolzanino si sorprenderà del fatto che anche a pochi chilometri da casa esistono rampe degne di un giro d’Italia. Andiamone a scoprirne alcune!
Prato Isarco-Collepietra La prima asperità che andrò a descrivere non ha certo la stessa fama, ma ha rappresentato per anni un vero e proprio banco di prova per il sottoscritto. È una salita che non perdona chi non è in condizione, dove non si può bluffare. Se manca volontà o allenamento, l’unica soluzione è girare la bicicletta e fare ritorno a casa. Ciò che da sempre di questa ascesa mi ha affascinato sono i primi chilometri, intagliati nella viva roccia. Questo significa che d’estate, sotto il sole del pomeriggio, con la temperatura che supera abbondantemente i trenta gradi, l’impegno diventa davvero importante. Ma, dopotutto, che sarebbe il ciclismo senza un po’ di masochismo… Partenza da Prato Isarco, a 311 metri di altitudine, arrivo agli ampi prati di Obergummer sovrastanti la bassa Val d’Ega, esattamente 1000 metri più in su. Già dai primi metri la salita si annuncia per quello che è, con una pendenza costante intorno al dieci-undici per cento. Come detto, consiglio (ma forse dovrei dire sconsiglio…) di affrontarla in piena estate, sotto un bel solleone: chi reggerà potrà dire di avere “fisico”. Dopo un primissimo tratto alberato il caldo diventa asfissiante e le parti in ombra quasi inesistenti. Bisogna essere ben disposti per passare queste vere e proprie forche caudine, e più di una volta quando la strada si impenna dopo un tornante viene la voglia di mollare tutto. Al quarto chilometro una breve spianata permette di riprendere fiato, poi dopo un’altra curva ecco il cartello che annuncia il paese di Collepietra, a 877 metri sul livello del mare. Siamo quasi a metà della nostra salita con un bel panorama si apre sulla sottostante Val d’Isarco e un’inconsueta prospettiva sulla città di Bolzano. Se l’aria è tersa la vista ci potrà gratificare, ma solo per un attimo, prima di scoprire che nemmeno nell’attraversamento della piccola località c’è modo di riposare. Collepietra si snoda infatti lungo il versante della montagna, così anche nel centro del paese ci troviamo ad affrontare pendenze non indifferenti. E dopo un piccolo momento di respiro ecco nuovamente tratti al dieci per cento, fortuna che ora la salita è ripagata da una spettacolare vista sullo Sciliar, che sembra quasi di poter toccare. Qui iniziano gli ultimi chilometri, immersi in un bel bosco di abeti che regalano un po’ d’ombra dopo tanta calura, anche se non bisogna credere di essere arrivati perché qualche altro strappo rischia di scatenare la crisi fino a quel momento evitata. Dopo il dodicesimo chilometro siamo in vista dello scollinamento in località Obergummer (1300 metri), tra boschi e bei prati fioriti. Il test è terminato; è il momento di consultare il cronometro e trarre le conclusioni. L’allenamento può comunque essere proseguito svoltando a sinistra dopo un paio di chilometri in discesa per Nova Levante ed il Passo Costalunga, vera e propria porta sulle Dolomiti. Altrimenti basta continuare la discesa lasciando alle proprie spalle San Valentino in Campo e raggiungendo il fondo della Val d’Ega in prossimità di Ponte Nova e da qui a Bolzano. Un’alternativa è quella di ridiscendere per un paio di chilometri verso Collepietra, svoltando poi a sinistra per Cornedo. Attenzione alla successiva discesa, con molte curve ed asfalto non perfetto.
Lunghezza salita: 12,5 km. Tempo indicativo (cicloamatore): 1h.
Favogna Ecco un’altra proposta alternativa ai soliti mostri sacri dolomitici del ciclismo. C’è da dire che molti non conoscono l’ameno laghetto di Favogna, sopra Cortaccia; già questo è garanzia di strade tranquille e poco rumore per chi andrà a pedalare da quelle parti. Se poi ci si aggiunge la mancanza di un vero e proprio centro abitato con annessi alberghi e ristoranti spennaturisti, si spiega facilmente la sorprendente tranquillità che accoglie chi affronta la non facile ascesa. Fino a Cortaccia Sulla Strada del Vino, bel paesino posto in posizione privilegiata ai piedi del Monte Roen, ci sanno arrivare tutti. Da qui basta seguire le indicazioni per Favogna e prendere l’erta in suggestivo ma fastidiosissimo selciato che attraversa la località. Chi non è… in formissima pensi subito a risparmiare le forze, perché ciò che sta affrontando non è ancora il “clou” della giornata. Superato un primo strappo si giunge al bivio per Penone, bella frazione posta su di una specie di balcone panoramico sulla Valle dell’Adige. A chi è già a corto di energie consiglio una visitina in paese e poi il rientro… è da qui infatti che la prova inizia a farsi dura: il cartello che avverte del tratto al quindici per cento lo conferma fin troppo chiaramente. Voci raccolte in gruppo narrano di una cronoscalata che, molti anni fa, veniva disputata su questa strada. L’iniziativa fu abbandonata quando uno dei partecipanti rischiò il collasso e fu costretto ad abbandonare il ciclismo… serve aggiungere altro? Sul tratto più duro c’è bisogno di un buon numero di denti sul pignone più grande. Ventitré, ventiquattro, venticinque o più, conviene rimanere agili per risparmiare la gamba. Anche perché, dopo un breve respiro, si torna a sbuffare sui pedali. Più si sale, comunque, più la salita tende ad addolcirsi, sia pur gradualmente. Dopo il bivio per Corona ci attendono ancora diversi chilometri all’insù, ma la tranquillità in cui ci si trova immersi rendono il tutto decisamente più gradevole. Vale la stessa raccomandazione fatta per la salita di Collepietra: gran parte del percorso è esposto al sole, cosa che in estate aumenta l’impegno di per sé già gravoso. Durante la stagione calda il mattino è di certo il momento più indicato. Dopo circa otto chilometri siamo a oltre mille metri di quota: dato che il lago è situato a 1020 metri di quota, si potrebbe pensare di essere arrivati. E infatti la strada, passato un bel boschetto e un ristorante, prima spiana e poi inizia a scendere… ma non è che un trabocchetto: per raggiungere la meta bisogna scollinare a quasi 1200 metri di quota! Così, proprio quando sembrava di essere alla fine della fatica, bisogna stringere ancora per un po’ i denti. Altri strappi ci attendono ed il lago inizia davvero farsi desiderare! Proseguiamo tra saliscendi fin sull’orlo di un orrido e là sotto ecco finalmente la nostra meta. La vista sullo specchio d’acqua e sui monti circostanti è davvero suggestiva, ma raccomando attenzione nella breve discesa a tornanti perché nell’euforia essa potrebbe anche essere presa un po’ troppo alla leggera. Sul lago si trova un piccolo ristorante e nulla più: personalmente mi auguro che le cose rimangano così.
Lunghezza salita: 12 km. Tempo indicativo (cicloamatore): 55 min.
Bolzano (250 m)-Monte Penegal (1736 m) Non ho ritenuto opportuno inserire in questa rubrica la semplice scalata al Passo Mendola per diversi motivi. Prima di tutto l’ascesa, pur non andando sottovalutata, non presenta distanze o pendenze importanti; rischierei tra l’altro di cadere nel banale proponendo un percorso decisamente inflazionato. Ma una citazione la Mendola la merita, eccome, e dunque ho pensato di inserirla come antipasto del ben più impegnativo attacco al Monte Penegal, che proprio dal passo vede il suo inizio. Come detto, della salita al valico che divide Alto Adige e Trentino c’è poco da dire: da Bolzano sono 23 chilometri, la maggior parte in salita, con pendenza media intorno al 5%, un paio di chilometri all’8-9% e dopo Appiano tanti tornanti dove poter riprendere fiato, fino a superare un dislivello di circa 1100 metri. Partiamo dunque dai 1363 metri sul livello del mare, e qui si inizia davvero a ballare. Dopo aver superato il centro della piccola località posta sul passo, si svolta a destra e d’un tratto la musica cambia. La strada inizia a inerpicarsi decisamente, tra stretti tornanti che si infilano nel bosco sempre più fitto. In un paio di curve si perde il contatto con il ridente e panoramico percorso della Mendola e ci si trova in tutt’altro ambito. Dopo circa 2 km di salita ancora abbordabile si profila il piatto forte della giornata, annunciato dalla segnaletica stradale che indica un bel 18%! Considerate anche le condizioni del manto stradale, superare questo tratto è impresa da affrontare solo se ben allenati. Altrimenti conviene scendere dalla bicicletta e coprire i 500 metri “incriminati” a piedi: sempre meglio che dover sganciare le scarpette dopo poche pedalate, in precario equilibrio sui pedali! Come già accennato, il tratto più ripido è relativamente breve, ma viene dopo la Mendola ed altri due chilometri non propriamente agevoli. Quando la strada spiana non manca molto alla fine dello sforzo; da quel punto si prosegue ancora per un paio di chilometri tra brevi falsopiani e altri strappi, tra cui l’ultimo molto impegnativo che porta al parcheggio dove termina la strada. La fatica verrà ampiamente ricompensata affacciandosi all’impressionante baratro dal quale si gode della grandiosa vista sulla Valle dell’Adige e sui monti circostanti, il tutto corredato da due belle mappe che indicano i nomi di tutte le cime visibili, tra le quali si intravede anche la Marmolada, la “regina delle Dolomiti”. Non resta che augurare una buona pedalata e raccomandare almeno un 34X25 anche per i più allenati… il cicloturista, invece, non lesini sui denti del pignone posteriore più grande!
Lunghezza salita: 26 km. Tempo indicativo (cicloamatore): 1h40′ min.
Ponte Gardena (470 m)-Bivio Siusi/Castelrotto (1070 m): Ecco un’altra ascesa non particolarmente famosa, che in pochi chilometri porta dall’angusto fondovalle del fiume Isarco agli ameni prati dell’altipiano dello Sciliar. Ora che il vecchio tracciato della linea ferroviaria del Brennero è stato trasformato in pista ciclabile, il percorso in valle non fa più paura: in precedenza i ventidue chilometri di statale da Bolzano a Ponte Gardena, dove inizia per la salita, tra camion non sempre preoccupati dell’altrui incolumità e auto troppo spesso lanciate a velocità eccessiva, poco invogliavano a cimentarsi nel percorso proposto. I quasi otto chilometri di ascesa si snodano in un contesto piacevole e poco frequentato (tranne ovviamente i periodi di forte afflusso turistico). Dopo una galleria la strada inizia a salire, prima dolcemente, quindi sempre con maggior decisione. Nel tratto centrale, in corrispondenza della seconda galleria, la pendenza è decisamente impegnativa, intorno al 13-15%, ma conviene tenere duro perché dopo il bivio per Tisana si torna a valori più abbordabili, proprio mentre il ridente profilo dello Sciliar annuncia l’imminente fine dell’impegno. Al bivio che rappresenta il termine del percorso proposto si hanno tre possibilità: scendere a Siusi, Fiè e infine nuovamente in valle a Prato Isarco, svoltare a sinistra raggiungendo in breve Castelrotto per poi continuare in salita fino al Passo Pinei, oppure rifiatare solo un attimo e affrontare gli otto chilometri di strada che portano all’Alpe di Siusi. A voi la scelta!
Lunghezza salita: 7,8 km. Tempo indicativo (cicloamatore): 35 min.
Prato Isarco (315 m)-Tires-Passo Nigra (1689 m) Questo è un percorso che è stato famoso per anni grazie ad una competizione che terminava proprio sul passo Nigra, al cospetto del Catinaccio. All’epoca delle guarniture 53X42 questa proposta sarebbe apparsa come una pazzia a chiunque avesse avuto un minimo di sale in zucca. L’unica strada che, fino dopo la metà degli anni ottanta, raggiungeva il paesino di Tires era una brutta copia della statale della Val d’Ega: il rischio di beccarsi una scarica di sassi e le pendenze fino al 24% scoraggiavano anche i più appassionati. Peccato, perché la Val di Tires è un gioiellino incastonato tra le ripide pareti dolomitiche che merita di essere vista. Poi è arrivata la nuova strada che da Prato Isarco sale in tredici chilometri a Tires, prima con buona pendenza (fino al 12%), quindi più moderatamente e infine negli ultimi cinque chilometri quasi in falsopiano. Bello e caratteristico questo paesino posto a 1020 metri di altitudine, con una “gobba” proprio in centro che costringe ad una sbuffata imprevista e impedisce di guardarsi adeguatamente attorno, cosa che invece raccomando di fare non appena possibile. Siamo infatti proprio ai piedi del Catinaccio, la cui mole da qui appare impressionante pur se ancora riconoscibilissima nell’aspetto. Il resto della valle è quasi in piano… peccato che non si tratti che di una manciata di chilometri! Giunti infatti a San Cipriano (1150 m), ecco il “clou” della giornata. Una breve discesa, poi la strada si impenna in modo impressionante. Forse non si tratterà di una pendenza del 20% come suggerirebbe il cartello, ma l’impegno è davvero grande. Ad un buon cicloamatore dovrebbe bastare un 39X24, ma a chi non si sente sicuro consiglio un 26, anche un 27, tanto per stare tranquilli. Da qui al passo ci sono circa otto chilometri, ovviamente non tutti con la stessa pendenza! Anche in questo caso dopo il primo tratto “in piedi” la strada gradualmente si addolcisce, passa al 13-14 %, quindi assume valori ancora più accettabili. Scolliniamo senza nemmeno accorgercene perché il valico del Nigra, se non ci fosse un bel cartello ad indicarne l’esatta ubicazione, passerebbe del tutto inosservato. Proseguendo infatti verso il Passo Costalunga la strada non inizia a scendere, come sarebbe logico attendersi, ma resta in quota per circa quattro chilometri. Davvero di prim’ordine il panorama che si gode una volta usciti dal bosco: alla nostra sinistra si snoda tutto il gruppo del Catinaccio, dinnanzi a noi il massiccio del Latemar e in basso sulla destra l’intaglio della Val d’Ega che termina nella Valle dell’Adige, anch’essa in parte visibile. Chi ha mantenuto un po’ di lucidità, si ricordi a quel punto di essere spettatore di 250 milioni di anni di storia naturale! Giunti al bivio per il Costalunga, il percorso si può chiudere imboccando la Val d’Ega e rientrando a Bolzano (75 km circa), ma chi ha ancora appetito potrà scendere in Val di Fassa e trovarsi nel cuore del territorio dolomitico.
Lunghezza salita: 8 km (San Cipriano-Passo Nigra). Tempo indicativo (cicloamatore): 35 min.
Bolzano-Costalovara La salita di Costalovara, che termina a pochi passi dal lago omonimo, è forse la più impegnativa delle tante ascese che può vantare il circondario bolzanino. Non per niente è la palestra preferita di Paolo, uno dei migliori scalatori che io conosca. Per questo raccomando di cimentarsi nell’impresa solo in buone condizioni di allenamento e montando rapporti adeguati. Viceversa, c’è veramente il rischio di dover girare la bici… poco male, eventualmente si può proseguire la pedalata sulla più abbordabile Provinciale per Auna di Sotto e Collalbo. La durezza, comunque, non è l’unica caratteristica del percorso. Ritengo sia da consigliare per due altri motivi: la scarsità del traffico motorizzato (addirittura il transito negli ultimi chilometri è permesso ai soli residenti) e la rapidità con la quale, una volta terminata la propria fatica, si può rientrare a valle. Quest’ultimo vantaggio, tengo a precisare, potrebbe anche ritorcersi contro lo sprovveduto ciclista che non dovesse moderare, come sempre bisognerebbe fare e ancor più in questo caso, la velocità in discesa! Da Rencio si sale per i primi due chilometri della strada provinciale per l’altipiano del Renon. Un paio di centinaia di metri dopo un primo bivio giungiamo all’inizio della, è proprio il caso di dirlo, nostra fatica. Si svolta a sinistra in direzione Signato imboccando subito un breve tratto piuttosto duro, ma non è che l’antipasto. Una spianata serve solo per dare la possibilità di mettere bene a fuoco il cartello che annuncia l’inquietante pendenza del 16%… e non siamo nemmeno al primo chilometro! Per la verità quella percentuale si raggiunge solo per un centinaio di metri, poi cala di qualche punto pur restando sempre sopra il 10% fino ad un gruppo di case. Qui ci avviciniamo al secondo chilometro; la carreggiata è poco più larga di una normale corsia e sarà così fino in cima. Qualche strappetto alternato a momenti di respiro e poi, in vista di un bel tornante panoramico, di nuovo una rasoiata che mette in croce le gambe di chi non ha gestito bene le proprie forze. Fino al pese di Signato, un paio di chilometri più avanti, la strada concede poche possibilità di recupero, ma ci si può consolare con l’ottima vista sulla sottostante valle dell’Isarco e sulla conca bolzanina. Si entra nella piccola località (a chi può interessare, di fronte al ristorantino c’è una bella fontana, anche se un vero ciclista si ferma solo in cima…) e si prosegue tra strappi e brevi tratti più dolci fino in vista della sbarra che annuncia la zona a traffico limitato. Qui viene servito il “piatto forte” con tre-quattro impennate da brivido nel giro di poco più di un chilometro. Altre “cunette”, poi una baracca in legno annuncia gli ultimi 500 metri: è fatta! Dopo circa 9 km dal bivio di Rencio si sbuca sulla strada che porta a Soprabolzano (distante un paio di chilometri). Girando a destra, invece, in duecento metri di discesa si raggiunge il Lago di Costalovara. Come ormai sarà chiaro, gran parte dell’ascesa è caratterizzata da una alternanza di strappi, anche molto duri, e brevi pause. È questo che rende la salita particolarmente ostica: non appena trovato il ritmo giusto, è già tempo di variare nuovamente rapporto e frequenza della pedalata. Anche i più esperti, se non in buona giornata, rischiano un’esperienza poco piacevole! Come detto, la veloce discesa garantisce un pronto ritorno in valle, ma attenzione! La strada stretta, un velo di ghiaino, un sasso sull’asfalto o qualche contadinotto intenzionato a testare la potenza del suo nuovo bolide potrebbero riservare brutte sorprese, quindi… PRUDENZA!
Lunghezza salita: 9 km (da Rencio). Tempo indicativo (cicloamatore): 45 min
Montagna-Trodena Altra salita interessante, che propongo ai lettori è quella che porta all’ameno paese di Trodena, posto alla testa di una valle laterale che sale dal paese di Egna. È un percorso da prendere con le molle perché l’ascesa, pur breve, presenta tratti decisamente impegnativi, con pendenze fino al 18%. La fatica è ripagata da qualche bello e inedito scorcio panoramico sulla Valle dell’Adige e sui monti circostanti e, aspetto non da poco, dallo scarsissimo traffico infrasettimanale che non risulta particolarmente fastidioso nemmeno nei week end estivi. Si sale lungo la statale della Val di Fiemme fino all’importante crocevia posto al centro di Montagna (475 mt); qui si imbocca la strada, subito in salita, in direzione Gleno. Poche centinaia di metri dopo si scorge, sulla destra, la vecchia stazione della ferrovia che saliva verso Cavalese. Si prosegue comunque ancora in salita per circa 500 mt fino ad una piazzetta, dove, sulla destra, inizia il percorso vero e proprio. Il primo chilometro, a dire la verità, non lascia intendere quello che aspetta il ciclista da lì a poco: vi sono infatti un paio di saliscendi e un curioso passaggio “dentro” una casa privata, che viene letteralmente bucata dalla strada. Da qui inizia la salita vera, pedalabile fino al paese di Gleno (560-650 mt) sia pur con alcuni brevi strappi. Una secca svolta a sinistra proprio nel bel mezzo dell’angusta frazione potrebbe dare l’illusione che il più sia già fatto, anche a causa del cartello che riporta erroneamente 4 km a Trodena. Proprio qui inizia invece il bello: altri 3-400 metri ed un altro cartello annuncia il tratto al 18%. Da qui, per un chilometro e mezzo circa, chi non è un campione salga senza vergogna con una velocità appena sufficiente per stare in equilibrio, anche perché più volte la strada dà l’illusione di spianare per poi impennarsi nuovamente. Dopo due chilometri si torna a pedalare più agevolmente e si giunge alle case del piccolo abitato di Casignano (880 mt). Un grazioso ristorante inviterebbe ad una sosta, ma un vero ciclista non potrà che voltare lo sguardo avanti e prepararsi per il duro chilometro successivo, con due tornanti in rapida successione che, per assurdo, sembrano quasi incattivire la pendenza. Superati questi si è davvero a buon punto: altri 500 metri facili e poi, alzando lo sguardo, la vista del paese dà lo slancio per superare un altro chilometro e mezzo al 10% di media. Non ci si illuda che sia finita qui: la salita va fatta fino in cima, al km 8,2 (1200 mt circa di altitudine), dove inizia la discesa verso Fontanefredde, sulla statale della Val di Fiemme! Un consiglio: all’ingresso di Trodena è chi è stanco prosegua sulla strada di destra, che dopo una brevissima discesa torna a salire per un altro km; chi invece ha ancora “birra” in corpo prenda quella a sinistra, che risale un paio di vicoli in pavé e forte pendenza. Gli appassionati dei percorsi ad anello potranno, in 3 km di agevole discesa, raggiungere Fontanefredde e poi scendere ad Ora, rientrando a Bolzano con circa 65 km pedalati. Un po’ di attenzione in più è richiesta invece a chi sceglie di ripercorrere la stessa strada fatta in salita per risparmiare tempo e qualche chilometro; la discesa a Montagna è a tratti molto veloce ma alcune curve secche potrebbero risultare pericolose se affrontate malamente!
Curiosità: il Trofeo Bonatti ha visto proprio su queste strade una delle sue prove, finita addirittura in TV!
Lunghezza salita: 8 km (da Montagna). Tempo indicativo (cicloamatore): 40 min
Passo Fittanze Tra le tante caratteristiche che rendono il Passo Fittanze una salita da provare assolutamente spicca il fatto che essa ha rappresentato per anni il banco di prova per un atleta di spessore come Damiano Cunego: è con lui, inevitabilmente, che si finisce a confrontare il tempo impiegato per l’ascesa. Le “scoppole” puntualmente rimediate (le sue migliori prestazioni si aggirano intorno ai 46′) servono a quantificare la distanza siderale tra le prestazioni di un cicloamatore e quelle di un professionista.
Ma i 14 km ed i quasi 1200 metri di dislivello (pendenza media vicina al 9%) che separano la minuscola località di Sdruzzinà (comune di Ala, 160 m) in Val d’Adige dal Passo Fittanze (1397 m), vera e propria porta sui Monti Lessini veronesi, meritano di essere citati per molti altri motivi, prima di tutto per le pendenze che in alcuni tratti sfiorano il 20%.
L’intaglio della strada nella roccia è ben visibile, per chi proviene da nord, nei pressi dell’uscita autostradale di Ala-Avio; da lontano viene quasi da pensare che possa trattarsi di un piccolo Stelvio, ma pendenze e chilometraggi in gioco sono diversi.
La salita, dopo un breve tratto interlocutorio nel piccolo centro abitato di Sdruzzinà, parte subito cattiva, ma non bisogna dar più di tanto retta al cartello che annuncia, poco dopo il primo chilometro, pendenze da brivido: il 19% lo si registra per un centinaio di metri prima di un ponte, poi è un alternarsi tra il 10 ed il 14%. Certo è che già dalle prime pedalate si capisce che l’ascesa non sarà agevole.
Il grandioso panorama che si apre pian piano sulla sottostante Valle dell’Adige e verso la catena del Baldo, altro punto di forza di questa salita, aiuta senza dubbio a sopportare la fatica, ma sarà meglio non distrarsi troppo e tenersi pronti al peggio… perché il peggio arriva improvvisamente dopo una breve galleria e 500 metri di provvidenziale pianura, tra il km 6,5 ed il km 7. La strada si impenna e si restringe, inoltrandosi nel fitto del bosco.
L’ombra risulterà graditissima se la giornata è calda, perché proprio il caldo potrebbe dare il colpo di grazia a chi non è giunto fin qui al meglio delle proprie possibilità. Sono circa 2 i km di “sofferenza”, lungo i quali la strada risale il bosco (pendenze fino al 20%!) con ripidi e stretti tornanti e scarsissime possibilità di rifiatare. Forse proprio in questo tratto viene ad essere particolarmente gradita l’assenza quasi totale di traffico, ulteriore punto a favore dell’itinerario. Molta attenzione va fatta in caso di strada bagnata, per il rischio di slittamento della ruota posteriore.
Non ci si faccia illudere dalle brevi spianate: fino al km 10 esse sono seguite da ulteriori impennate e solo in corrispondenza di un piccolo ponte, che introduce nella località di Sega di Ala, si può dire di essere a buon punto. Da lì in poi le pendenze non avvicineranno più la doppia cifra. Per chi fino a quel momento non ha messo il piede a terra sarebbe un peccato farlo proprio adesso… in ogni caso va detto che Sega di Ala propone una bella e fresca fontana, un ristorante-bar che ho sempre trovato aperto e un piccolo parco giochi con annessa panchina al sole su cui sdraiarsi beatamente: il premio per chi riesce a superare tutte queste tentazioni è la soddisfazione dello scollinamento al Fittanze, a quasi 1400 metri di quota, in un contesto ambientale molto bello.
A dirla tutta, la salita non sarebbe finita: svoltando a sinistra si può imboccare la graziosa e tranquillissima (occhio alle mucche e alle marmotte!) strada asfaltata che porta al Bivio del Pidocchio (1568 m), da dove si può scendere verso Erbezzo e chiudere poi l’anello rientrando in pochi chilometri al Fittanze.
Disponendo di una MTB, al Bivio del Pidocchio si ha anche la possibilità di proseguire per la “Strada delle malghe”, che permette di toccare alcuni dei punti più belli e panoramici della Lessinia. Personalmente ho trovato di grande suggestione la vista dall’osservatorio panoramico di Monte Castelberto, a pochi km di sterrato in discrete condizioni dal Bivio del Pidocchio.
Per la discesa si può ripercorrere l’itinerario a ritroso (attenzione alle forti pendenze!) oppure imboccare alla Sega di Ala la nuova strada che porta in breve a Fosse (900 metri di quota). Da qui si può scendere a valle attraverso un’altra nota salita della zona, la Peri-Fosse.
Lunghezza salita: 14 km. Tempo indicativo cicloamatore: 1 h, cicloturista 1h20′
Non sono un cicloamatore, ma mi fa piacere trovare qui alcuni percorsi davvero notevoli della val d’Adige non molto conosciuti
Ottima descrizione
Davvero interesante, grazie per la informazione.