I volti del ciclismo

Durante l’arrivo di una tappa del Giro del Trentino 2009 ho avuto la possibilità di scrutare a fondo i volti del ciclismo, segnati dalla fatica e dalla sofferenza, che in fondo è l’estrema sintesi di questo incredibile sport.

23 aprile 2009, Pampeago, località posta a quasi 1800 metri di altitudine al termine della dura ascesa che parte da Tesero, in Valle di Fiemme. Dal fondovalle sono 800 metri di dislivello in meno di 10 km, con alcuni tratti veramente impegnativi che costringono a mettere il piede a terra chi non ha un buon colpo di pedale.
Che ci faccio qui, tra la neve che copre ancora il bosco e il freddo di un inverno che sembra non voler finire? Come spesso accade, la bicicletta ci ha messo lo zampino: sono qui per assistere al finale della seconda tappa del Giro del Trentino. Mi trovo proprio sulla linea del traguardo, in una posizione strategica, che mi darà la possibilità di assistere con tutta calma agli arrivi.
Queste occasioni vanno prese al volo perché, nonostante l’elenco dei partecipanti sia decisamente interessante, non c’è la folla delle gare più blasonate, dove per conquistarsi un posto (dal quale non si vedrà comunque gran che), si deve allungare il collo e azzuffarsi con il proprio vicino per qualche ora.
Dai candidati alla vittoria del Giro d’Italia Basso e di Luca agli inossidabili Garzelli e Simoni, per finire con i tanti stranieri che vengono in Italia a preparare la stagione, qui mi gusterò senza affanni un parterre de rois di tutto rispetto!
La giornata è quella giusta per una gara “vera”: oltre alla salita molto impegnativa vanno considerate le condizioni meteo: all’arrivo a tratti nevica, e il sole riesce solo faticosamente a far capolino e riscaldare il pubblico sul traguardo. La voce di Radio Corsa, che rimbomba curiosamente tra le vette dolomitiche ancora imbiancate, riporta l’eco delle scaramucce nel gruppo: sentir snocciolare certi nomi pesanti del ciclismo e sapere che tra poco li potrò veder sfilare uno a uno sotto i miei occhi mette addosso un’euforia che vale ampiamente il freddo e la fatica patiti.
Mentre viene annunciato l’attacco alla salita finale mi torna in mente la tappa del Giro del Trentino 1997 con arrivo sul Passo San Pellegrino. Anche in quella occasione ero salito in bici nonostante il freddo e la neve. Quel giorno vidi sfilare un certo Marco Pantani in piena preparazione per il Giro d’Italia, che poi dovette abbandonare per uno dei suoi innumerevoli colpi di sfortuna… che ricordi… ma bando alla tristezza, oggi è una giornata di grande ciclismo!
Proprio mentre lo speaker annuncia l’ultimo chilometro la nevicata si infittisce, sembra quasi voler imbiancare tutto! Radio Corsa dice che un certo Niemiec è scattato in faccia nientemeno che a Ivan Basso, che con le sue “trenate” aveva lasciato per strada gran parte dei compagni di avventura. Non è proprio un Carneade questo Niemiec, ma non è nemmeno uno dei campioni che aspettavo; la passerella dei volti di cui mi trovo a essere testimone, in ogni caso, inizia da lui.
Nella sua espressione, c’era da aspettarselo, la gioia cancella la fatica che questo ragazzo ha senza dubbio provato. Partire a quasi 30 orari dopo aver retto al ritmo asfissiante di Ivan Basso non deve certo essere stato facile! Dietro di lui ecco l’autore delle trenate, volto tirato e smorfia a metà strada tra la fatica e la delusione per aver assaporato, ma solo per un attimo, il gusto della vittoria dopo due anni di stop forzato. Bravo Ivan, avrai altre occasioni. Grazie per essere qui!
Pochi secondi e giunge il terzo classificato: Giampaolo Caruso, corridore della Flaminia, squadra che non potrà prendere il via all’imminente Giro d’Italia. Forse proprio per questo il Trentino diventa un palcoscenico che vale una buona parte della stagione.
Il volto di Caruso è terreo, non mi riesce di definirlo in altro modo. Il ciclista taglia il traguardo e per un attimo rimane sospeso, nell’instabile equilibrio concesso dai pochi secondi di inerzia sulla strada che prosegue in salita. Basta un attimo per capire che questo ragazzo ha dato tutto, ma proprio tutto, e non ha nemmeno la forza di sganciarsi dai pedali. Il suo sguardo si alza faticosamente a chiedere aiuto: qualcuno deve sostenerlo o almeno dargli una spinta per non cadere!
Mi trovo inaspettatamente ad assistere a una scena commovente ed esaltante nello stesso tempo: ma, dopotutto, questo è ciclismo, mica roba da mammolette! Un addetto della sua squadra gli si fa incontro e lo sorregge, evitandogli il peggio: non sarebbe stato una degna conclusione di una gara disputata ad altissimi livelli. Incredibile quanto possano dare questi ragazzi! Un esempio per tutti!
Nel frattempo ecco giungere Simoni, quarto al traguardo, la solita sfinge, non si capisce mai cosa gli frulli nella testa, se ha fatto fatica o meno! Mi piace il suo stile, quasi compassato anche dinnanzi a una salita come questa.
Poi pian piano ecco il gruppo dei migliori, molto sfilacciato, in cui si alternano visi sfatti di ciclisti che si sdraiano sull’asfalto gelido tra lo stupore del pubblico ad altri più rilassati, come quello di Di Luca, che evidentemente sta preparando traguardi ben più importanti. Lo confermerà con il secondo posto al Giro d’Italia.
La sfilata dei campioni più o meno celebri si conclude con un Garzelli che, intento a rifocillarsi, sembra esibirsi in una compiaciuta passerella di fronte al pubblico e con il siparietto di due corridori francesi, che immagino discutano di qualcosa che è andato storto in corsa.
La tappa va in archivio, è tempo di tornare a casa, anche la neve lascia il posto a un bel sole. Ma il volto di Caruso, quel misto di tremenda fatica e nobilissima dignità, resterà scolpito nella mia memoria.
Perché è il volto stesso del ciclismo.

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