Il grande föhn del 5/1/2013

L’episodio di föhn del 5 gennaio 2013 sarà ricordato come uno dei più intensi ed estesi della storia meteo recente; esso ci dà l’occasione per approfondire un argomento molto più complesso di quello che si possa pensare.

DEFINIZIONE Con il termine “föhn” si indica un vento a raffiche anche forti caratterizzato da un aumento di temperatura, una drastica diminuzione dell’umidità dell’aria (da qui le scariche da elettricità statica quando si toccano oggetti metallici) e da cieli limpidi e sgombri da nubi, tranne alcune formazioni lenticolari.
L’origine del termine va cercata nel latino, da “favere” (“favorire”, “far crescere”, forse perché considerato un vento favorevole ai germogli) oppure da “fovere”, (“riscaldare”, “favorire”), da cui “favonius” o “fovonius”, nome con il quale i Romani chiamavano un vento mite di ponente, da cui è derivato il termine “favonio”, usato soprattutto nella Svizzera italiana.
Più che di un vero e proprio vento come sono lo scirocco, il libeccio e altri, che spirano da una preciso punto cardinale, si dovrebbe parlare di un flusso d’aria che causa forti variazioni di umidità e temperatura della zona interessata dalle correnti favoniche e che si attiva ogni volta che un flusso d’aria interagisce con una catena montuosa. Questo “vento di caduta” è caratteristico di alcune zone italiane, sia lungo la catena alpina che sulla dorsale appenninica (Romagna e Marche), dove viene chiamato “garbino”. Nel primo caso proviene dai quadranti settentrionali, nel secondo da quelli sud-occidentali.
GENESI DEL FÖHN: LA TEORIA TERMODINAMICA. La teoria che è andata per la maggiore per diverso tempo, e che ancor oggi può essere considerata parzialmente valida, è quella classica o termodinamica, che punta l’attenzione su ciò che accade lungo il versante sopravvento. Durante la salita del rilievo, la massa d’aria si raffredda e se vi è sufficiente umidità raggiunge la saturazione condensando in nubi e precipitazioni. Si genera così il fenomeno dello “stau” (che in un certo senso è l’altra faccia del föhn), che provoca precipitazioni talora abbondanti e persistenti. Per una legge fisica, la condensazione libera calore (detto “calore latente”), che mantiene relativamente alta la temperatura della massa d’aria in ascesa, più alta di una stessa massa d’aria che non dovesse trovare le condizioni necessarie per la condensazione. Infatti nel primo caso il gradiente (variazione di temperatura) si dice “adiabatico saturo” e vale 0,6 gradi ogni 100 metri di salita; senza condensazione invece si parla di gradiente “adiabatico secco”, che corrisponde a circa un grado ogni 100 metri.
Sembrerebbe dunque svelato il meccanismo di formazione del föhn: nonostante l’aumento di quota, il calo di temperatura della massa d’aria è ridotto, inoltre quando essa, già mite, si trova a superare il crinale e a scendere verso valle subirà una compressione riscaldandosi ulteriormente, asciugandosi e raggiungendo valori di umidità relativa decisamente bassi; da aggiungere, pur avendo effetti decisamente più modesti, il riscaldamento per attrito con la superficie terrestre e l’aumento di pressione generato dall’ammassarsi delle correnti in arrivo di gran carriera. Per questo il föhn porta con sé temperature miti, aria limpida e secca con visibilità eccezionale soprattutto in montagna.
Fin qui, come detto, la teoria classica, che è stata per lungo tempo la soluzione universalmente accettata (e che per molti è ancora l’unica conosciuta), ma che ha palesato alcuni punti deboli. Esistono infatti casi apparentemente inspiegabili di föhn senza nuvolosità e precipitazioni sul versante sopravvento. Inoltre è emerso che la teoria classica, nonostante quanto detto in precedenza, non può spiegare in modo esauriente il riscaldamento subito dal vento di caduta; va infatti considerato che l’evaporazione delle gocce d’acqua che riescono a valicare il crinale montuoso richiede esattamente la stessa quantità di calore emesso durante la salita sotto forma di calore latente di condensazione. Si potrebbe obbiettare che tale evaporazione venga ridotta dalle precipitazioni che cadono dal muro del föhn sul versante sottovento, ma non sempre queste precipitazioni sono sufficienti a riequilibrare le cose.
In questi ultimi anni, inoltre, il concetto di temperatura potenziale equivalente ha assestato un altro colpo alla teoria classica. Essa rappresenta la temperatura di una massa d’aria riportata alla quota di 1000 hpa (che corrisponde generalmente con il suolo) dopo che tutta l’umidità in essa contenuta sia condensata e il calore latente così ottenuto sia stato utilizzato per scaldare la particella stessa. La temperatura potenziale equivalente diventa così indipendente dai processi di condensazione ed evaporazione e risulta molto utile per seguire la traiettoria delle masse d’aria perché a differenza di altri parametri rimane inalterata varcando le Alpi; sarà quindi possibile tracciare le isoentropiche (linee che uniscono i punti con uguale temperatura potenziale equivalente) che rappresentano anche (e qui sta la parte interessante) le traiettorie seguite dall’aria. Ebbene, contraddicendo la teoria classica, che preveda che l’aria da cui trae origine il föhn provenga dal fondovalle del versante opposto, si è stabilito che talvolta le correnti miti hanno origine da fasce dell’atmosfera poste in quota! Quindi la teoria classica non copre tutta la casistica osservata: è vero che le impetuose correnti che scendono dai valichi alpini si scaldano per compressione, ma la condensazione oltralpe che interessa le correnti a bassa quota (quelle che “sbattono” contro la barriera montuosa) non sempre gioca un ruolo fondamentale, in quanto talora esse non riescono a superare le cime e giungere fino a noi.
LA TEORIA DI VON HANN. Ciò era stato previsto con sorprendente precisione dal meteorologo austriaco Julius von Hann, le cui intuizioni rimasero a lungo ignorate. Nel 1901 egli scriveva: “in inverno la diminuzione del calore con l’altitudine è quasi sempre, e soprattutto con il tempo calmo che precede il föhn, talmente piccola che la semplice discesa dell’aria dalle creste alpine è sufficiente a darle il calore e l’asciuttezza del föhn“.
La teoria di Von Hann vede nelle differenze di pressione tra i due versanti il “motore” del föhn e nello scarso gradiente termico verticale caratteristico dell’inverno il motivo per cui il riscaldamento adiabatico per compressione è così evidente nel semestre freddo. In altre parole: l’aria nel periodo invernale subisce uno scarso raffreddamento salendo di quota a causa delle forti inversioni termiche presenti nelle vallate e nelle pianure; quando poi scende lungo il versante opposto, si riscalda con grande efficacia, spazzando oltretutto le inversioni termiche e regalando agli abitanti delle pianure un gradevole alito tiepido.
Non per questo la teoria classica deve essere accantonata: ribadiamo però che essa è perlomeno incompleta in quanto non contempla tutte le situazioni.
FÖHN ALTO E FÖHN BASSO. Esistono due tipi di föhn: quello alto è quello classico, con le correnti che spirano a tutte le quote, dal suolo alla tropopausa, perpendicolarmente rispetto alla catena montuosa. In questo caso l’accumulo di aria, se così si può chiamare, sul versante sopravvento genera una maggiore pressione atmosferica e quindi una bassa pressione relativa sull’altro versante; l’aumento di velocità dopo lo spartiacque agevola oltretutto un ulteriore calo pressorio: il föhn in questo caso è scontato.
Esiste però anche un föhn basso, la cui genesi è meno intuitiva. In questo caso le correnti in alta quota soffiano più o meno parallelamente alla catena montuosa, ma a bassa quota si genera comunque una differenza di pressione tra i due versanti dovuta a differenze di temperatura. Anche in questo caso vanno ricordate le forti inversioni termiche presenti in pianura nel periodo invernale con le temperature più basse in prossimità del suolo rispetto a 1500-2000 metri nella libera atmosfera, che è l’altitudine di molti varchi alpini nella catena principale (in Alto Adige il Passo Resia e il Brennero, per esempio). Se quest’aria meno fredda riesce a traboccare dai passi alpini indotta da differenza di temperatura tra i due versanti, essa si riverserà come una cascata verso valle dando vita a correnti favoniche che, sia pur relativamente fredde, lo saranno meno dell’aria preesistente. Il föhn basso interessa aree più limitate e in cielo non si osservano le classiche nubi lenticolari; per il resto anch’esso causa un aumento della temperatura e un calo dell’umidità.
UN VENTO PURIFICATORE Con il föhn nebbie e foschie vengono spazzate via facilmente, ma il rimescolamento degli strati atmosferici porta anche a un benefico “cambio d’aria” in Pianura padana, che è nota per essere una delle aree più inquinate del mondo. Non è raro però che nelle aree più depresse i tenaci ristagni di aria fredda (e quindi particolarmente pesante) non vengano rimossi. In questo caso si sperimenteranno situazioni molto particolari, con sbalzi di temperatura ben oltre i 10 gradi in poche centinaia di metri (si parla di spostamenti orizzontali, non in altitudine!).

In questa analisi di Meteoblue è evidente come il föhn, entrando in Pianura padana (a sinistra la catena alpina), sollevi l’aria fredda e umida (colore rosso/arancione, evidenziata dal tratteggio) con effetti variabili a seconda della zona.
Fonte: meteoblue.ch

FÖHN SUPERFICIALE Talvolta (soprattutto durante le ore notturne) la consistenza di questo cuscino freddo è tale che il föhn non potrà fare altro che scorrevi sopra, mancando dell’energia cinetica necessaria a garantire il rimescolamento completo degli strati atmosferici; si può parlare allora di “shallow föhn” (föhn superficiale).
FENOMENO AUTOALIMENTANTE Dal punto di vista meteorologico, l’accumulo di massa sul versante sopravvento produce un aumento di pressione e una zona di relativa bassa pressione oltre il crinale, che non farà altro che fungere da “calamita” per l’aria. Anche il riscaldamento indotto dal föhn genera un calo della pressione (aria più calda=minore pressione atmosferica); si può dire quindi che questo vento si autoalimenta.
QUESTIONE DI ETTOPASCAL Per capire quanto intenso potrà essere il föhn ci si può basare sulla differenza di pressione prevista: normalmente servono almeno 4 hpa (ettopascal) di differenza tra i due versanti alpini per dare il via al fenomeno; 8 hpa di differenza sono sufficienti per un vento forte, che diventa tempestoso con differenze intorno ai 15-18 hpa.
TANTI FÖHN DIVERSI Ovviamente il föhn può verificarsi su entrambi i versanti alpini. Anche l’Austria, la Svizzera tedesca e la Baviera sperimentano quindi l’ingresso di correnti miti che, data la loro origine meridionale (generalmente scirocco), determinano un riscaldamento ancora maggiore, con scioglimento di grandi masse di neve, forte rischio di valanghe e situazioni alluvionali. Al di là delle Alpi si parla di “Südföhn”, mentre il nostro “Nordföhn” è determinato dai venti di tramontana.
Ma venti con caratteristiche favoniche esistono un po’ in tutto il mondo: per fare un paio di esempi, esso scende dalle Ande argentine con il nome di “zonda”, mentre lungo il versante orientale delle Montagne Rocciose è conosciuto come “chinook”. Esistono poi dei luoghi in cui certe correnti mantengono un’assonanza con favonio per la temperatura insolitamente alta che portano con sé; per esempio il nome il termine pugliese “faùgna” indica un vento caldo proveniente da sud.
IL FÖHN ITALIANO Il classico föhn del versante italiano è quello che interessa la Val d’Aosta, il Piemonte e la Lombardia settentrionale (in queste aree si hanno i massimi di frequenza annuale), in quanto l’angolo occidentale delle Alpi presenta complessi montuosi molto elevati; da qui il föhn si può “tuffare” con maggior efficacia riscaldante verso valle, dato che von Hann insegna che il riscaldamento è proporzionale all’altezza dalla quale cade la massa d’aria. Anche in Trentino Alto Adige e Veneto settentrionale, comunque, esso è capace di spirare con intensità ed effetti notevoli. In presenza di intensi flussi nord-occidentali o settentrionali l’influsso dei venti favonici che discendono dalle vette alpine si può estendere a buona parte delle regioni del centro-nord; in questo caso la limpidezza atmosferica può rendere visibili le Alpi dai contrafforti appenninici in provincia di Parma, Reggio Emilia o Modena.
IL MURO DEL FÖHN Un altro aspetto caratteristico in queste situazioni è il “muro” del föhn, ovvero l’ammasso nuvoloso provocato dallo stau che si può osservare guardando da una postazione a sud del crinale. Più le correnti sono intense, più il muro può spostarsi verso sud, tanto che in alcune situazioni eccezionali (posizione molto bassa del getto polare) esso viene a trovarsi quasi in prossimità delle Prealpi, con le precipitazioni che “sconfinano” interessando buona parte della regione alpina italiana, soprattutto nel suo angolo orientale. In questo caso possono verificarsi condizioni particolarmente suggestive, con brandelli di nubi strappate dal muro del föhn e trasportate sulla Pianura Padana dove danno origine a scenografiche “virga”, bande di precipitazioni che non raggiungono il suolo per l’aria mite e secca nella quale si trovano a viaggiare.
PRIMA IL FÖHN E POI LA NEVE Il föhn, pur essendo un vento mite, è in grado di “preparare il terreno” per successive nevicate per due motivi: primo, perché abbassa decisamente l’umidità e quindi il “dew point” (la temperatura di rugiada o condensazione), permettendo alle eventuali precipitazioni di sottrarre, durante la fase di evaporazione, grandi quantità di calore e raffreddando così la colonna d’aria presente sopra una certa località; secondo, perché non appena il vento cade la limpidezza atmosferica e il cielo sereno permettono una rapida dispersione di calore, con la formazione del famoso “cuscino” di aria fredda in Pianura Padana che aiuta i fiocchi a raggiungere anche le quote più basse.
ANCHE IN ESTATE Ultima annotazione: nulla vieta che il föhn si possa manifestare anche in estate. Va però tenuto presente che in questa stagione la diminuzione della temperatura con la quota è ben maggiore rispetto a quella invernale (fino a 0,8 gradi per 100 metri rispetto ai 0,3-0,4 invernali) e quindi il riscaldamento subito dalla massa d’aria in discesa risulterà “frenato”; per quanto esposto prima, inoltre, è molto difficile che in estate si verifichi il fenomeno del “föhn basso”, dato che le inversioni in pianura si formano raramente, e comunque vengono annullate dall’intenso e prolungato riscaldamento diurno. In ogni caso, in estate il föhn si presenterà come un vento apportatore di una piacevole parentesi rinfrescante sia per le temperature normalmente presenti nelle “fornaci” delle conche alpine, sia per la riduzione dell’umidità che esso porta con sé.
IL CASO DEL 5 GENNAIO 2013 Fino a qui la teoria; ora su queste basi sarà più facile analizzare ciò che è successo nei primi giorni di gennaio del 2013. La posizione dell’alta pressione azzorriana, che ha proteso un promontorio verso il cuore del continente europeo, ha determinato un afflusso di aria di origine atlantica (e quindi già in partenza piuttosto mite) verso il versante settentrionale delle Alpi. Ecco quindi attivarsi il föhn, che partendo da temperature già elevate (su Austria e Svizzera la neve è caduta solo a quote piuttosto alte e vi sono stati problemi idrogeologici) è riuscito a far toccare nelle vallate alpine italiani valori da primavera avanzata.
La giornata clou si è avuta sabato 5 Gennaio, con temperature ben oltre i 20 gradi sulla pedemontana piemontese e lombarda, sui laghi lombardi e su gran parte delle vallate alpine. Da sottolineare valori fino a 25°C in provincia di Torino e Verbania, 23°C nel Comasco, 20°C in Valtellina e 19°C a Bolzano, valori a due cifre anche in località sciistiche verso i 1500 metri di quota; per esempio, la gara di fondo del Tour de Ski in Val di Fiemme (TN) si è svolta con un temperatura di +11°C. Notevole la situazione verificatasi a Chiavenna (SO), con una minima notturna attorno ai 15 gradi, un valore che non desterebbe sorpresa in una nottata estiva. Lo zero termico è salito localmente sopra i 2500 metri.
Di seguito alcune temperature massime riportate sul sito meteotriveneto.it del 5 gennaio: Predazzo +13,3 – Trento +17,8 – San Vigilio di Marebbe +6,7 – Arco + 20,5 – Merano +18,3 – Rovereto + 17 – Villabassa +8,4 – Levico +17,6
Ebbene, nonostante il poderoso riscaldamento, vi sono state situazioni in cui il föhn, almeno in un primo momento, non è riuscito a fare il suo ingresso dando così vita a situazione particolarissime: nel Ferrarese, area topograficamente depressa in cui ristagnava aria molto fredda e umida, per tutto il giorno la temperatura si è mantenuta sugli zero gradi con nebbia. Senza andare così lontano, si consideri la temperatura la mattina del 5 a Saone in provincia di Trento (-3,1), conca nella Valle delle Giudicarie circondata imponenti montagne, e la si confronti con quella di Edolo (+18,6) in provincia di Brescia, a una trentina di chilometri in linea d’aria, sul versante opposto del massiccio dell’Adamello: oltre 21 gradi di differenza!
Per quanto riguarda l’esperienza personale, il föhn di sabato 5 gennaio 2013 mi ha permesso di raggiungere in bicicletta il Passo Mendola, a 1363 metri di quota, con il conforto di temperature più che primaverili: oltre 15 gradi alla partenza e termometro al manubrio che non è mai sceso al di sotto dei 12 gradi nemmeno all’ombra! Una vera e propria parentesi mitissima nel cuore dell’inverno.
Un appunto: il Global Warming, il progressivo riscaldamento che sembrerebbe interessare vaste zone del pianeta, in questo caso c’entra poco o nulla. Si è trattato semplicemente di una serie di circostanze che, se analizziamo gli archivi meteo, non sono poi così infrequenti.

Sinottica del 5/1/2013: notare il forte gradiente orizzontale di pressione (linee nere ravvicinate) lungo l’arco alpino.
Fonte: https://www.meteocentre.com

Un’altra grafica che mette in evidenza la campana di alta pressione a ovest della penisola italiana nella stessa giornata. Fonte: meteociel.fr

Temperature in Europa il 5/1/2013
Fonte: https://lance-modis.eosdis.nasa.gov/imagery/subsets/?area=eu

Temperature nel Triveneto il 5 gennaio 2013; notare la diversa penetrazione del föhn, aspetto legato all’orografia e alla direzione delle correnti. Fonte: https://www.meteonetwork.it

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