Il segreto di Terra Due

Esistono pianeti che ruotano attorno a stelle bizzarre le cui dimensioni, forme e colori variano incessantemente, con ritmi regolari o del tutto imprevedibili. Un giorno qualcuno potrebbe colonizzare uno di questi mondi…

Era successo di nuovo!
Non era la prima volta che Marco si trovava ad avere solamente pochi minuti per rientrare allo spazioporto. Da quando aveva deciso di trasferirsi su Terra Due, nell’ormai lontano agosto 2768, la storia era sempre la stessa: il rientro forzato, prima che la stella attorno alla quale il pianeta ruotava desse letteralmente in escandescenze, era l’ossessione che perseguitava tutti i coloni.
Terra Due… un nome invitante per un mondo in cui vivere, nulla da ridire. Gli era stato affibbiato ad arte, al momento della sua scoperta, dalle grandi multinazionali dell’edilizia spaziale in modo da renderlo appetibile. In effetti un gran numero di coloni era stato sedotto dall’idea di cominciare una nuova vita in una sorta di paradiso terrestre; e qualcuno aveva fatto affari d’oro, nel vero senso della parola.
Ma la realtà era un po’ diversa.
Il pianeta, di per sé, non era disprezzabile. Un ambiente rigoglioso, pur se decisamente diverso da quella terrestre, una sorta di luna-park della Natura dove tutto era più grande, più bello, ma forse proprio per questo anche più inquietante. Sembrava il luogo perfetto per riprendere a vivere lontano dal pianeta natale, ridotto ormai ad un relitto agonizzante.
Ma coloro che avevano acquistato case e terreni su Terra Due avevano fatto i conti solamente con ciò che offriva il pianeta, senza alzare lo sguardo verso l’alto.
Perché lassù stava il problema.
Il cielo, infatti, era dominato da una stupenda stella gialla, grande cinquanta volte il sole terrestre. La distanza era quella giusta perché Terra Due non venisse bruciata dalle sue ciclopiche fiammate nucleari, ma… c’era un grosso inconveniente.
Mekbuda o Zeta dei Gemelli, questo era il nome conferito dagli astronomi, apparteneva alla variegata famiglia delle “stelle variabili”. Questo significava che essa, seguendo un ritmo talmente preciso da risultare monotono, mutava in forma, dimensioni e colori.
Una manna per i tanti spazioturisti che passavano di là e che, ammassati negli osservatori appositamente adibiti, potevano gustarsi in tutta tranquillità quel fantastico spettacolo. Una disdetta, invece, per gli stanziali, costantemente sottoposti ai capricci del gigante celeste.
La cosa, ovviamente, era risaputa fin dall’inizio, ma non aveva destato troppe preoccupazioni, considerato che non vi erano particolari rischi per la vita dei coloni.
Ma il fenomeno causava l’arrivo sulla superficie di Terra Due di una non trascurabile quantità di radiazioni, costringendo gli abitanti a riparare nelle abitazioni per diverse ore e fare da spettatori, loro malgrado, delle varie fasi durante le quali la stella dava il meglio ed il peggio di sé.
La prima volta Marco, estasiato per quell’incredibile spettacolo, era rimasto sulla porta di casa fino a che la pelle non aveva iniziato a scottare.
Che esibizione meravigliosa! Una palla gialla e infuocata che nel giro di un’ora si trasformava in un ovale pulsante di una lucentezza fantasmagorica. Qualcosa di impensabile sul suo pianeta natale!
Ma, con il tempo, il fenomeno aveva assunto connotati esasperanti, abbastanza da compromettere la qualità di vita degli abitanti.
E non c’era nemmeno la possibilità di attendere un provvidenziale tramonto: Terra Due ruotava attorno al proprio asse alla stessa velocità con la quale descriveva l’orbita attorno a Mekbuda. Questo significava che una faccia del pianeta era costantemente esposta al sole, mentre l’altra era immersa in una notte eterna.
Anche per questo motivo le case di Terra Due erano veri e propri gioielli dell’ingegno umano. Nel sottosuolo ampissime stanze permettevano agli abitanti un comodo e rilassante soggiorno, nell’attesa che la stella calmasse i propri bollenti spiriti.
In quell’occasione Marco era uscito per una breve escursione nello spazio, ma si era trattenuto più del previsto, facendosi sorprendere dall’imminente “estrusione”, così si erano abituati a chiamarla gli abitanti del posto.
Gli capitava spesso. Trascorrere a casa il tempo libero ad oziare era una cosa che non faceva per lui.
L’ennesima occhiata agli strumenti gli servì per capire che non ce l’avrebbe fatta. Non era questione di vita o di morte, ma dalla grande dose di radiazioni alla quale sarebbe stato sottoposto non avrebbe certo tratto un effetto benefico.
Bisognava trovare un riparo… gli venne in mente che la piccola stazione spaziale Alpha era a pochi minuti di viaggio! Lì avrebbe sicuramente avuto aiuto ed ospitalità, oltre ad una buona dose di rimproveri e raccomandazioni varie sull’importanza del rientro programmato. Portò la potenza dei motori al massimo e si volse verso la stella.
Visto da lassù, lo spettacolo era ancor più fantastico. Un mare variopinto in ebollizione, impressionante e vicinissimo, almeno all’apparenza. Centinaia di milioni di chilometri lo dividevano invece, e per fortuna, dalla fornace nucleare. Temperature e pressioni, laggiù, raggiungevano valori tremendi. Un uomo che avesse osato avventurarsi sulla superficie della stella, pur protetto da una tuta resistente a temperature di decine di migliaia di gradi, si sarebbe trovato a pesare più di un carro armato e il suo corpo sarebbe immediatamente collassato sotto il suo stesso peso.
Marco si destò da quei pensieri con un brivido lungo la schiena.
Fortuna che presto avrebbe raggiunto la stazione Alpha… o no? Guardò il sensore di radiazioni: era quasi fuori scala! Senza l’azione di schermo esercitata dall’atmosfera, la dose di energia che investiva la navetta era troppo elevata.
E adesso? Colpa sua, dopotutto! Ora era chiamato a cavarsela da solo!
Gettò uno sguardo a Terra Due. Il tempo per rientrare a casa non c’era ma… per un atterraggio di emergenza sulla faccia nascosta del pianeta sì! Si mise ai comandi guidando la navetta verso la parte oscura del suo mondo, alla ricerca di un provvidenziale riparo. D’un tratto, appena varcato il circolo di illuminazione, si trovò nella quasi totale oscurità; contemporaneamente il sensore indicò il calo della radiazione all’esterno del velivolo. Ora poteva dirsi al sicuro.
Che fare, ora, se non attendere pazientemente il momento buono per tornare a casa? Provò a rilassarsi, sintonizzando il televisore di bordo su uno dei soliti polpettoni televisivi che venivano puntualmente propinati ad ogni estrusione, e che ormai tanto di moda andavano su Terra Due.
Marco però non era un tipo da stare con le mani in mano. Dopo pochi minuti era di nuovo in piedi, ad arrovellarsi sul che fare. Pensò che una bella ricognizione sulla faccia del suo pianeta d’adozione sarebbe stata un’ottima idea. L’avrebbe raccontata a quei pigroni dei suoi amici, seminando finalmente un po’ di entusiasmo durante uno dei soliti, noiosi ritrovi durante i quali l’argomenti principale era la nostalgia per i fantastici tramonti del pianeta natale.
Accese i potenti fari della navetta e li rivolse verso la superficie, ormai vicinissima. Lo spettacolo che si presentava ai suoi occhi era a dir poco desolante. Tanto bello nella parte illuminata quanto orribile in quella oscura, questo era Terra Due!
Nessun indizio della presenza di piante od animali, enormi laghi di anidride carbonica ghiacciata e un freddo terribile: 100 gradi sotto lo zero era la temperatura che indicavano i sensori a bordo. Vagò a lungo, sorvolando paesaggi che sembravano di chissà quale mondo. Pensò ai suoi amici che si stavano sorbendo l’ennesima estrusione e sorrise tra sé e sé, contento di aver trovato almeno una volta, un sia pur altrettanto noioso diversivo.
Poi un bagliore improvviso, lontano. Se ne stupì moltissimo. Quale poteva esserne la causa?
Decise di avvicinarsi. Valicò una collina e si trovò davanti ad uno spettacolo che mai avrebbe immaginato. Una sorta di stazione spaziale, nel cui centro campeggiava un’enorme impalcatura destinata al sostegno di una trivella che perforava il sottosuolo.
Qual era il motivo di quella presenza? E perché nessuno ne aveva mai parlato?
Più ci pensava, più la cosa si faceva sospetta.
Gli venne in mente che una delle più grandi imprese minerarie terrestre aveva da poco annunciato la scoperta di un enorme giacimento di Tunguskeno, un minerale altamente radioattivo rinvenuto per la prima volta nella grande esplosione del 1908 in Tunguska, Siberia Orientale, che sarebbe stato impiegato per la produzione di energia a bassissimo costo.
I dirigenti della grande multinazionale si erano ben guardati dal rivelare la locazione della miniera. Si era parlato di un remoto pianeta, lontano da Terra Due.
Ora, invece, era tutto chiaro.
Di fronte alle enormi possibilità di guadagno i titolari della Exun si erano fatti ben pochi scrupoli. Ecco spiegati anche i continui ammonimenti riguardo ai presunti pericoli della faccia nascosta! Tutte fandonie studiate ad arte per coprire i misfatti della multinazionale. Perché quel materiale, in caso di guasti od incidenti, avrebbe potuto causare un disastro di proporzioni planetarie.
Poveri abitanti di Terra Due! Sedevano senza saperlo su di una pentola a pressione, con il rischio di saltare da un momento all’altro: a confronto le estrusioni di Mekbuda divenivano un banale fuoco d’artificio!
Sorvolò a bassa quota una, due, tre volte la piccola stazione spaziale, sperando di essersi sbagliato e di trovare un indizio che gli suggerisse altre e meno inquietanti conclusioni.
Purtroppo non ebbe che conferme: la trivella che stantuffava incessantemente il terreno, le montagne di materiale accatastato un po’ ovunque, i carichi stoccati e pronti per essere spediti.
Che fare, ora? Suo dovere era quello di avvertire la popolazione, denunciare i responsabili e sollevare il caso dinnanzi al consiglio planetario.
Foto… gli sarebbero servite delle foto per rendere la sua storia più credibile!
Si precipitò al portaoggetti.
Proprio in quel momento un fascio di luce invase l’interno della navetta: era un raggio traente!
Era stato scoperto! C’era da immaginarselo che un simile segreto sarebbe stato ben protetto! Guardò fuori: diverse piccole astronavi da ricognizione lo circondavano.
Non ci voleva un indovino per capire quale sarebbe stata la sua sorte: nessuno lo avrebbe mai più rivisto. Lo si sarebbe fatto passare come un incauto viaggiatore, la cui navetta era rimasta preda della tempesta magnetica.
Che destino beffardo! Proprio lui, che era ad un passo dal rivelare l’imbroglio agli abitanti del suo mondo, sarebbe invece diventato il più convincente monito a non avventurarsi sulla faccia oscura di Terra Due!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *