Nefologicando

La nefologia è una branca della meteorologia che studia le nubi e la loro formazione.

Cosa c’è di più bello di un cielo azzurro? Un cielo pieno di nuvole. Perché le nuvole sono movimento e teatralità, universo cangiante di forme e colori in continua evoluzione, scenografia sempre diversa, minaccia all’orizzonte ma anche rifugio e oggetto di fantasie infantili.”
È così che Gavin Pretor-Pinney, il maestro dei contemplatori di nuvole, apre il suo libro “Cloudspotting” (traducibile in “osservazione delle nuvole”). Difficile trovare parole più azzeccate: l’etereo mondo delle nuvole ci offre uno scenario sempre mutevole, nel quale ognuno di noi può lasciar correre la propria fantasia.
Ma per godere compiutamente del mondo delle nuvole non si può prescindere dall’aspetto scientifico: solo quando si possiedono le nozioni indispensabili a comprendere i fenomeni atmosferici e si è in grado di riconoscere le varie specie nuvolose ci si può gustare lo spettacolo in prima fila.
A questo proposito il primo, fondamentale concetto da sottolineare è che la “materia” delle nuvole non è il vapore acqueo, come molti credono: il vapore, infatti, rappresenta lo stato gassoso dell’acqua, che per definizione è incolore e invisibile. Si deve invece parlare di acqua allo stato liquido, una miriade di piccolissime gocce, del diametro di frazioni di millimetro che galleggiano nell’atmosfera perché sostenute da correnti ascendenti più o meno intense.
Altro mito da sfatare è quello che vede la pioggia originarsi per “coalescenza” di gocce microscopiche che, una volta unitesi attorno a un nucleo di condensazione, vanno a formare gocce più grandi e pesanti cadendo per gravità. Se questo è vero per le latitudini tropicali, non lo è per quelle intermedie; le gocce nei nostri cieli rimangono invece spesso “single” e vengono trasportate dalle correnti ascensionali a grandi altezze, fino a raggiungere lo stato di “sopraffusione”, una situazione per la quale non si verifica il ghiacciamento nonostante le temperature abbondantemente sotto le zero. Solo intorno ai -20°C le gocce passano allo stato solido legandosi a “nuclei di congelamento” (particelle molto piccole) e attraendo altre goccioline sopraffuse. A questo punto inizia una lunga discesa che, a seconda della stagione, porterà alla caduta al suolo di pioggia o neve.
Detto questo, è il caso di fare un po’ di ordine tra i vari tipi di nuvole per poter procedere a una loro corretta classificazione.
Ebbene, distingueremo prima di tutto dieci GENERI di nubi, qui ordinati secondo l’altitudine alla quale si trova generalmente la loro base (dalla più bassa alla più elevata); per indicare i generi (e le specie e varietà che vedremo poi) si può utilizzare il nome latino al singolare.



STRATUS (0-2000 metri) Coltri di nubi basse e indistinte che possono presentarsi anche al livello del suolo sotto forma di nebbie o foschie, sono generalmente associate a condizioni di tempo stabile.



CUMULUS (da 500 metri, altezza della base variabile), il genere più conosciuto, a forma di mucchio, pila, cupola, torre o cavolfiore. Sono di colore bianco se esposti direttamente ai raggi del sole, se in ombra appaiono invece scuri e più minacciosi. A seconda della fase di maturazione si suddividono in humilis, mediocris o congestus, quest’ultimo in grado di provocare rovesci di pioggia o neve senza fulminazioni. I cumulus indicano in ogni caso una certa instabilità dell’aria.



STRATOCUMULUS (600-2000 metri), appaiono come banchi di cumuli appiattiti (talvolta allungati a forma di rullo) accostati l’uno all’altro in maniera più o meno discontinua. Possono anticipare o seguire una perturbazione, ma si formano anche in caso di sollevamento di nebbia o strati di nubi basse.



NIMBOSTRATUS (600-5500 metri), costituiti da banchi nuvolosi grigi, indistinti e molto spessi, forieri di precipitazioni abbondanti e persistenti (il termine nimbus, in latino, indica una nube piovosa), si accompagnano sempre a intense perturbazioni atmosferiche.



CUMULONIMBUS (600-12000 e fino a 15000 metri nelle aree equatoriali), nubi temporalesche dall’aspetto cumuliforme ma molto più sviluppate verticalmente, che causano rovesci e temporali localizzati nel tempo e nello spazio, ma talora molto intensi. Sono le nubi che più di ogni altro tipo indicano instabilità atmosferica e sono anche le più pericolose. A esse possono associarsi la shelf cloud (nube a mensola, formazione che precede le precipitazioni e che si forma per il sollevamento da parte delle stesse di una massa di aria calda e umida) e la temibile wall cloud, generata dai moti vorticosi instaurati dalle discendenze e dalle ascendenze nell’area sotto al cumulonembo non interessata da precipitazioni.



ALTOCUMULUS (2000-5500 metri), strati o banchi nuvolosi composti da singoli ammassi di varia forma, ognuno dotato di una parte più scura perché in ombra, appaiono di dimensioni minori rispetto agli stratocumuli per la loro maggiore altitudine. Possono anticipare una perturbazione se assumono la varietà castellanus, ma indicano stabilità nella variante lenticularis.



ALTOSTRATUS (2000-8000 metri), nubi stratificate di colore grigio. Generalmente lasciano intuire la posizione del sole, che però non proietta ombre. Possono dare vita al fenomeno della corona solare o lunare e solitamente seguono i cirri e i cirrostrati all’arrivo di un fronte caldo.



CIRROSTRATUS (5000-9000 metri), veli di nubi alte e semitrasparenti, lisce o fibrose, con una trama diffusa e uniforme. Splendendo dietro a un cirrostrato il sole riesce a illuminare gli oggetti in modo sufficiente da proiettare ombre ben distinte. Annunciano spesso un cambiamento del tempo per l’arrivo di un fronte caldo e danno vita agli aloni (talvolta dotati di parti iridescenti) e ad altri fenomeni ottici come gli archi circumzenitali.



CIRROCUMULUS (5000-12000 metri), banchi di nubi dell’aspetto di piccoli granelli senza alcuna parte in ombra. Indicano una certa instabilità in quota e danno origine al classico “cielo a pecorelle”, che soprattutto sulle coste atlantiche preannuncia un forte peggioramento del tempo.



CIRRUS (5000-12000 e fino a 15000 metri nelle aree equatoriali), si presentano in scie, ciuffi o fasce biancastre. Si tratta di elementi separati tra loro, dall’aspetto serico (come la seta) o fibroso; se tendono a crescere e diffondersi, trasformandosi in cirrostrati, è probabile un cambiamento delle condizioni meteorologiche.



Come nel caso della sistematica, che si occupa di classificare gli esseri viventi, anche la nefologia prevede che dopo il genere vi sia una ulteriore suddivisione in SPECIE. Di seguito l’elenco completo; da notare che a una nube può essere applicata una sola specie.


FIBRATUS Indica la presenza di filamenti, striature e/o fibre più o meno rettilinei, che non terminano a uncino o con altre protuberanze.



UNCINUS I filamenti (scie di caduta di cristalli di ghiaccio) tendono a ripiegarsi su sé stessi dando luogo a virgole o uncini.



SPISSATUS Specie associata solo ai cirrus, indica che lo spessore è tale da far apparire la nuvola di colore grigio. Solitamente gli spissatus sono generati dall’espansione di un’incudine temporalesca.


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CASTELLANUS dal latino castellum, è usato quando si osservano merlature sulla sommità delle unità costituenti la nuvola.



FLOCCUS Indica la presenza di elementi a forma di fiocco, batuffolo o cumuletto dalla base irregolare.



STRATIFORMIS Termine da usare quando le nubi osservate non si presentano come un banco isolato, ma occupano una vasta superficie.



NEBULOSUS Le nubi si presentano come una distesa indifferenziata, senza parti che spicchino sulle altre.



LENTICULARIS Si tratta di ammassi lisci e compatti, con parti che presentano un’ombra ben marcata, a forma di lente o mandorla.



FRACTUS Brandelli di nubi dalla forma irregolare, grigi, che appaiono talvolta scuri perché posti alla base di altre formazioni nuvolose. Si formano spesso in presenza di precipitazioni.



HUMILIS Specie assegnata ai cumuli di scarso sviluppo verticale e la cui parte più estesa è la base. Sono i classici cumuli del bel tempo.



MEDIOCRIS Indica cumuli moderatamente sviluppati in altezza, che non causano precipitazioni.



CONGESTUS Si può tradurre dal latino con il termine “accresciuto”: si tratta di una nube cumuliforme ben sviluppata, la cui estensione in altezza supera quella in larghezza. Può causare rovesci di pioggia.



CALVUS Assegnato ai cumulonembi le cui protuberanze hanno un aspetto appiattito, senza fibre e striature. Per convenzione, si passa dal cumulus congestus al cumulonimbus calvus nel momento in cui si verifica il ghiacciamento della parte sommitale della nube, con separazione delle cariche e inizio delle fulminazioni.



CAPILLATUS Letteralmente “provvisto di capelli”, lo stadio raggiunto dal cumulonembo dopo la fase di calvus. La sommità del capillatus presenta fibre, striature e pennacchi che si dipartono in maniera disordinata e generano la classica forma a incudine.



Ma non è finita qui! Le nubi possono mostrare una o più delle seguenti VARIETÀ:


INTORTUS I filamenti (scie di caduta di cristalli di ghiaccio) sono aggrovigliati e irregolari.



VERTEBRATUS Indica la presenza di una conformazione a lisca di pesce.



UNDULATUS Quando le unità che costituiscono le nubi si dispongono lungo file più o meno parallele che ricordano le onde del mare.



RADIATUS Varietà che assumono le nubi quando si dispongono in file parallele e sembrano, per una questione prospettica, convergere all’orizzonte.



LACUNOSUS Tale varietà riduce le aree nuvolose a semplici orlature dei ben più ampi spazi di cielo sereno.



DUPLICATUS Varietà osservabile quando la stessa nube si presenta contemporaneamente ad altitudini diverse.



TRANSLUCIDUS In presenza di questa varietà di nubi è possibile intuire il contorno del sole e della luna.



PERLUCIDUS In questo caso alcune aperture permettono alla luce del sole o della luna di filtrare.



OPACUS Dietro a questa varietà di nubi il sole e la luna non sono per nulla visibili.



Va detto che non tutte le combinazioni tra genere, specie e varietà sono possibili; per esempio, non capiterà mai di osservare un cumulonimbus stratiformis intortus oppure un cirrostratus calvus vertebratus! La tabella seguente, che associa a ogni genere tutte le possibili specie, servirà a chiarire un po’ le cose:

N.B.: L’altostratus e il nimbostratus non prevedono nessuna specie! La tabella successiva associa invece le specie alle possibili varietà:

N.B.: In questo caso sono il nimbostratus e il cumulonimbus a non poter essere associati a nessuna varietà.



Infine, esistono NUBI ACCESSORIE E PARTICOLARITÀ SUPPLEMENTARI che possono accompagnarsi a uno o più generi di nubi:


PILEUS Chiamato anche bonnet, compare a mo’ di cuffia sulla sommità di un cumulonembo ed è formato da goccioline sopraffuse. È una sorta di nube lenticolare che, invece di generarsi sottovento a una montagna, si osserva quando la corrente ascendente di una nube temporalesca incontra un flusso d’aria orizzontale in quota o comunque uno strato di natura diversa.



PANNUS Nube stratificata che si forma nei bassi strati per condensazione di aria molto umida. Si associa generalmente a di nubi che portano precipitazioni.



VELUM Strato di aria stabile e umida, molto esteso orizzontalmente, sollevato da un cluster di nubi cumuliformi. A differenza del pileus, tende a permanere a lungo.



TUBA Formazione nuvolosa a forma di colonna o di cono che si protende verso il basso a causa dei vortici d’aria provocati dalle correnti associate a nubi temporalesche. Può annunciare la formazione di una tromba d’aria o marina.



INCUS Incudine formata dall’incontro delle correnti ascendenti di un cumulonembo con l’inversione termica della tropopausa. La sua dissipazione dà origine ai cirrus della specie spissatus.



MAMMA Compaiono prevalentemente sul lato inferiore dell’incudine dei cumulonembi e sono originate da una sorta di convezione al contrario; in questo caso pacchetti di aria fortemente raffreddata scendono verso il basso. Sono indice di forti temporali.



ARCUS Anch’esso associato al cumulonembo, ha l’aspetto di un gradino di nubi molto scuro, arcuato, che precede l’arrivo delle precipitazioni. È una nube a mensola particolarmente sviluppata e si origina nel caso di forti temporali a multicella oppure a supercella. Viene originato dalle correnti fredde discendenti, innescate dalle precipitazioni, che sollevano e portano alla condensazione grandi quantità di aria calda e umida.



VIRGA Bande di precipitazioni, cristalli di ghiaccio o gocce d’acqua, che non raggiungono il suolo. Possono originarsi da quasi tutti i generi di nubi.



PRAECIPITATIO Si tratta, al contrario delle virga, di precipitazioni che raggiungono il suolo.

In caso di dubbi, è possibile basarsi sul tipo di precipitazione in corso per giungere a una classificazione più precisa. Allo scopo si tenga in considerazione la tabella sottostante.


Graupel: piccolissimi cristalli di ghiaccio di color bianco opaco che non rimbalzano colpendo il suolo
Nevischio: piccoli cristalli di ghiaccio friabili di color bianco opaco che rimbalzano colpendo il suolo
Gragnola: piccole particelle di ghiaccio trasparenti poco friabili e rumorose quando cadono

Una volta assimilate le nozioni sopra elencate si potrebbe pensare di avere le carte in regola per procedere a un’esatta classificazione di ogni nuvola osservata in cielo, ma purtroppo non è così. Catalogare rigidamente una nube, una delle manifestazioni più volubili e capricciose in Natura, non sempre è cosa semplice, anzi talora è quasi impossibile. Non è raro che i complessi moti dell’atmosfera producano generi spuri, difficilmente decifrabili. Solo il ricorso a strumenti complessi come i radiosondaggi, che permettono di definire l’altezza delle nuvole, può sciogliere i dubbi. Perché, in ultima analisi, è l’altezza della nube che viene a togliere ogni dubbio.

Questa foto, che ritrae una nube della specie lenticularis, ha generato una vivace discussione sul forum di meteotriveneto.it, dimostrando quanto sia difficile in certi casi procedere a una classificazione. Il genere altocumulus è stato subito escluso con il supporto del radiosondaggio (il radiosondaggio è il grafico sotto riportato; il punto in cui le due curve sono più ravvicinate, in questo caso oltre i 6000 metri di altitudine, rappresenta lo strato atmosferico a cui avviene la condensazione) ed è poco probabile quello di altostratus, oltre per l’aspetto anche per la minore frequenza di tale nube e per l’altitudine “al limite”. Ci si è orientati così, anche per lo spessore che appare poco consistente, verso il cirrocumulus, nonostante non si osservi la classica struttura “a granelli di sale” che risulta occultata dalla natura lenticolare della nube.
Immagine scattata dall’utente Mike1966 (http://meteoalpian.altervista.org/).

Si diceva che determinando l’altezza delle nubi si può fugare ogni dubbio… o quasi! Ma forse è proprio questo il bello del cloudspotting: perché, oltre a specifiche conoscenze in materia, questa strana attività richiede intuito, ottima capacità di analisi e, perché no, anche un pizzico di fantasia.
Tutto sommato, il cloudspotter e il bimbo che scorge farfalle ed elefanti tra le nuvole non sono poi così diversi…
Fonte immagini: Wikipedia.

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