Nevone

Quanto tempo passato sulle carte, quante visite ai siti meteo, quanti sforzi per conciliare gli impegni quotidiani con la mia grande passione…

Questa volta forse ci siamo!
Oggi è una di quelle giornate potenzialmente “giuste”, quelle che mi potrebbero finalmente vedere protagonista della tanto sospirata pedalata sotto una nevicata come si deve!
Intendiamoci, di “biciclettate” sotto il bianco elemento ne ho già collezionate un’infinità, a tutte le quote e in quasi tutti i mesi dell’anno, da ottobre a maggio.
Eppure, nonostante la veneranda età, mi manca ancora la grande avventura.
Il clima della mia zona, avaro di precipitazioni soprattutto in inverno, non è certo l’ideale per poter assistere a una intensa nevicata, un fenomeno che nei forum di meteorologia gli appassionati indicano con il curioso termine di “nevone”.
È successo una volta, a metà degli anni ’80. Che spettacolo, quella notte: tuoni, fulmini e una valanga di neve bagnata che cadeva dal cielo. Ma, a quei tempi, la bici era ancora un semplice mezzo di trasporto casa-scuola e ritorno, non una questione di vita. E poi era notte. E le carte meteo non le trovavi certo in rete, dato che internet ancora non esisteva!
Eh, ce ne vuole perché tutte le variabili si accomodino al posto giusto!
Questa, però, potrebbe essere l’occasione buona. Una depressione marzolina in transito sull’alto Adriatico, un bel serbatoio d’aria fredda sull’Europa dell’est che va a interagire con infiltrazioni di aria umida proveniente dal mare… qui da me, in Alto Adige, una configurazione del genere sporca il cielo o poco più. Più a sud, invece, i “nivofili” si trovano a festeggiare sui siti meteo con una sarabanda di “mai visto nulla del genere”, “tutto bianco”, “cadono lenzuola!”.
E io, puntualmente, a rodermi il fegato leggendo i loro messaggi!
“Rovesci nevosi fino a bassa quota, anche intensi, sulle zone prealpine del nord-est” -recitavano le previsioni per la giornata prescelta.
Ottimo, mi ero detto. Concilierò le mie due grandi passioni, la neve e la bici, con l’amore per il Lago di Garda e i suoi panorami.
La trasferta ciclistica sul Benaco per me non è certo una novità. Ma questa sarà speciale, almeno così spero.
Ci sono. Dal finestrino dell’automobile la giornata sembra quella giusta. Lo scontro tra la massa d’aria fredda e quella umida, magica alchimia che darà vita alla neve, sta iniziando proprio sopra la mia testa!
Per il momento il sole riesce ancora a filtrare tra gli altostrati che si stanno addensando. Si gusti pure il panorama, finché può…
Mi trovo a Garda. Curioso il fatto che il paese abbia lo stesso nome del lago da cui è bagnato. Ma non è questo il giorno più indicato per chiedersene il motivo.
Niente cornetto e cappuccino, solo una barretta ultraproteica buttata giù alla meno peggio. Non sono qui per gozzovigliare, mi dico frugando nello zaino per guadagnare minuti preziosi. Anche perché l’accordo con la famiglia è per un rientro a casa entro metà pomeriggio.
Ma, se devo dirla tutta, non è questo che mi rende nervoso.
È piuttosto la consapevolezza che qualcosa possa andare storto. Un ritardo di un paio d’ore della perturbazione, una foratura, un mal di pancia… che ne so, qualunque cosa che potrebbe far saltare il mio piano studiato, almeno in apparenza, fin nei minimi dettagli.
Maledizione, sono una corda di violino, non vedo l’ora di partire!
Io, il Garda, la bici e la neve: riusciranno oggi questi elementi ad amalgamarsi, una buona volta, esattamente come voglio?
Ecco, è tutto pronto: abbigliamento pesante, copriscarpe e guanti impermeabili, mountain bike con pneumatici chiodati. In queste condizioni potrei andare ovunque, anche in cima al Baldo.
I resti di una recente nevicata impasticciano il bordo strada. Con una bici da corsa, in una giornata del genere, alla prima curva sarei già con il sedere per terra.
Ottima scelta la MTB con i chiodati. Un primo punto a mio favore.
Ore 10.30, temperatura di 5 gradi sopra lo zero. Partenza, con la forza di un leone e l’entusiasmo di un pivellino. Un’occhiata furtiva al cielo. Sembra che laggiù, verso ovest, si profili qualcosa: quella nebbiolina sul Pizzocolo, e questo venticello teso da sud… ma non corriamo troppo con la fantasia!
Direzione nord, pedalata agile, velocità sui 25 orari, ma non serve di più. Oggi non è giornata di allenamento. Oggi si rincorre un sogno.
Mi gusto il lago, sempre bello. Le sue rive, nel periodo invernale, hanno un che di malinconico… ma sì, vanno bene anche queste romanticherie per ingannare il tempo!
Un pensiero per il Campione non manca mai. Un tributo a chi ci ha lasciato in eredità momenti di ciclismo leggendario. Sei con me anche oggi, Marco Pantani. Come sempre.
Intanto sono a Torri del Benaco. Ecco l’incrocio per Albisano, inizia la salita che, chissà perché, oggi sembra pianura. A terra non c’è più la mia ombra… alzo la testa, il cielo si è fatto di un grigio uniforme. E queste minuscole goccioline sulla mia giacca? Forse è solo un po’ di condensa, meglio non pensarci, il rischio di cocenti delusioni è sempre dietro l’angolo.
Cerco di concentrarmi su altro.
Sul fatto, per esempio, che per me non c’è salita più bella di questa. Saranno gli oliveti, con quel vago sapore mediterraneo anche in pieno inverno, sarà la vista del lago, saranno le straordinarie vicissitudini geologiche dei monti che mi circondano, sarà che la salita non è poi così dura da costringerti a testa bassa… insomma, qualcosa sarà!
Intanto ho guadagnato quota e ora il termometro al manubrio segna +3!
Passo il paese di Albisano circondato da un silenzio innaturale. Ci sarebbe la chiesetta e Piazza Garibaldi con la sua impareggiabile vista sul lago. Niente, proseguo con una sola idea in testa.
Infilo gli ultimi tornanti e mi trovo all’incrocio con la strada che sale da Castion. Qui, normalmente, il panorama si apre, e che panorama! Oggi, invece, si vede poco o nulla, e va bene così, perché il Baldo è già per metà immerso in una coltre di nembi scuri che, per i miei gusti, appaiono davvero invitanti!
Tutto si svolge in un attimo.
Poche pedalate e sono tra i primi fiocchi.
Altri cento metri e s’alza un vento cattivo, che penetra nelle ossa. Anche lui è il benvenuto, perché è di buon auspicio! È il segnale che le nubi sono in salute e stanno crescendo! Aspirano aria umida dal basso, la mescolano con quella più fredda in quota… sembra una strana ricetta di cucina!
Un lembo di nube più scuro degli altri si stacca dal corpo principale e mi punta! È una sfida in piena regola, la accetto e mi lancio a testa bassa, è un vero e proprio invito a nozze! Eccolo, il nuvolone è su di me, cala l’oscurità e subito la nevicata s’infittisce!
Sono fiocchi minuscoli, ghiacciati, che il vento sembra divertirsi a scagliarmi addosso. Si diverta pure, ma se crede di scoraggiarmi si sbaglia di grosso!
Entro a San Zeno di Montagna, seicento metri di altitudine, ma se non fosse per il cartello stradale potrei dire di essere capitato in qualche località sciistica tirolese.
I fiocchi cadono quasi orizzontalmente e i muri, sulla parte esposta al vento, sono curiosamente infarinati. I chiodi dei pneumatici artigliano la strada che è una meraviglia, un pensiero colmo di gratitudine per chi li ha inventati lo dedico più che volentieri.
Temperatura: zero gradi spaccati.
Se fossi un novellino, potrei anche spaventarmi. Ma l’esperienza mi ha insegnato che, quando ci si diverte, la resistenza alle condizioni avverse si moltiplica. Piedi e mani possono anche fare male per il freddo, ma se quello che ti accade intorno è coinvolgente si riesce a non dare troppo peso alla cosa.
Le poche persone che incontro mi guardano come un marziano: e devo pure apparirlo, così bianco da capo a piedi! Mi atteggio un po’, quasi fosse nulla, ma non sono sicuro di dissimulare al meglio freddo e fatica.
Dalla strada, ora pianeggiante, cerco il lago con lo sguardo. Ne è rimasto uno spicchio, laggiù; tutto il resto è coperto da rotoloni di nubi grigie da far paura.
Per oggi potrebbe anche bastare, anche se dovesse finire tutto qui.
E per un attimo sembra che debba andare proprio così.
Sbuco da un mare di nebbia e tutto si inonda di nuova luce.
Ho appena il tempo per rendermi conto di essere uscito dalla base di un cumulonembo, che già mi accingo a entrare in un altro. E questo è più cattivo!
Un tuono!
È un temporale! Uno scroscio d’acqua e neve, violento e inaspettato. Dieci, quindici secondi, non di più.
Una pausa e poi è solo neve, fitta, sempre più fitta, tra i tuoni.
Fiocchi grandi, enormi, fazzoletti, lenzuola, paracadute, finalmente posso sbizzarrirmi anch’io nella ricerca delle iperboli, era ora! Tutto si imbianca in un attimo, ormai io e la bici siamo un unico, bizzarro pupazzo di neve.
Mi ci vorrebbe una connessione a internet in questo momento! Quante ne canterei agli amici del mio forum meteo preferito, li farei schiattare tutti dall’invidia! Beh, non si può volere proprio tutto dalla vita. ;-)
Il vento crea veri e propri mulinelli bianchi, non so più nemmeno dove guardare. Sono dovuto venire fino a qui per gustarmi uno spettacolo del genere, ma ne valeva la pena, eccome!
Penso a mia moglie, alla mie bimbe, vorrei tanto che fossero qui con me, perché so già che questa sera, al mio ritorno, non troverò le parole per descrivere la bellezza e la gioia di questi momenti. Biascicherò qualcosa e loro, come al solito, si diranno: “ma chi glielo farà fare?”. Inevitabile, perché certe sensazioni bisogna viverle.
Ho passato il paese, ormai sulla strada ci sono dieci centimetri di neve soffice. Il rumore quasi impercettibile delle ruote che la pigiano si fonde con quello dei fiocchi che cadono a terra. Musica per le mie orecchie.
Pace e tranquillità, distacco da tutto.
Mi fermo: in un’altra occasione sarebbe una macchia per un ciclista che si rispetti. Ma oggi no.
Mi guardo in giro, stralunato e felice. Non ho bisogno di niente altro al mondo in questo momento.
Tutto si calma improvvisamente, niente più tuoni, né vento, né mulinelli bianchi. Solo miliardi di fiocchi, candidi ed enormi. Non so quanto starei lì, con lo sguardo verso il cielo e la bocca spalancata, come facevo da bambino. Mi concedo ancora un attimo di straordinaria bellezza, forse un minuto, ma vola subito.
Risalgo in bici, mi attende una lunga e pericolosa discesa, eppure in quel momento sembra nulla. I freni lavoreranno per quello che potranno, il resto lo faranno i piedi.
Cade tanta di quella neve che faccio fatica a vedere un metro avanti. Ma se qualcuno prova a lamentarsi…
Il segreto, quando il freddo è ormai penetrato fin nelle ossa, sta nel canticchiare qualche motivetto, di quelli orecchiabili, tanto per distrarsi un po’. Il fatto è che poi, immancabilmente, si passa al canto ad alta voce, infine all’urlo vero e proprio. Pezzi di canzoni, in parte inventate di sana pianta, e giù risate. Sperando sempre che non mi senta qualcuno!
I due tornanti a metà discesa li faccio in scivolata, ma il peggio è passato. Sbuco dalla base delle nuvole e vedo il lago sotto di me scintillare ai raggi del sole.
Bene, due chilometri e sarò a godermi il caldo (si fa per dire) sulla Gardesana, a Castelletto.

Mi scuoto un attimo, riapro gli occhi e torno alla realtà. Ho tante cose da fare, devo proseguire la giornata.
È successo di nuovo!
Ho sognato una giornata di “nevone” con la bici, sul mio amato Garda… chissà che, un giorno, tutto questo non possa divenire realtà!
Con l’aiuto delle carte meteo, di qualche depressione birichina e, perché no, di un po’ di fiuto.
Eh, ce ne vuole perché tutte le variabili si accomodino al posto giusto!

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