Pio IX, l’ultimo papa-re

Nonostante cerchi di estendere il mio bagaglio di conoscenze al di fuori delle vicende risorgimentali, sempre da quelle parti prima o dopo vado a parare. E’ evidente che questo periodo della storia italiana esercita su di me un fascino particolare…

Eccomi a commentare la notizia, non recentissima per la verità, della beatificazione di Pio IX, avvenuta nel 2000 ad opera di Giovanni Paolo II.
La vicenda mi ha dato molto da pensare: ma come, mi sono detto, il papa che, più o meno indirettamente, spedì alla forca patrioti e rivoltosi, che non impedì le “stragi di Perugia”, il papa del Sillabo, che elenca i principali errori dell’epoca moderna, dal liberalismo alle altre ideologie nascenti (socialismo e comunismo), dove egli si dichiara nemico del secolarismo, del razionalismo e del modernismo in tutte le sue forme, anche le più edificanti come i progressi della scienza in campo medico, la libertà di fede, il pensiero e la gestione della cosa pubblica liberi da condizionamenti religiosi, l’introduzione dell’istruzione obbligatoria, l’abolizione del foro ecclesiastico, il matrimonio civile (anche se vanno ricordate le sue formule di benedizione per il telegrafo e le ferrovie), davvero un papa autore di simili prese di posizione merita, al giorno d’oggi, la beatificazione?
Come al solito, le questioni storiche sono controverse e di difficile (se non impossibile) soluzione; non avendo la pretesa di stabilire colpe e meriti, mi sono riproposto di riportare semplicemente le fonti che ho considerato più significative rintracciate in rete, per tentare di carpire i motivi di una simile decisione. E come sempre accade per le questioni storiche, in breve mi sono trovato in un ginepraio fatto di versioni di parte, risentimenti verso l’una o l’altra sponda politica, rivendicazioni e rancori che ancor oggi covano sotto la cenere. La bibliografia su Pio IX, oltretutto, è sterminata e lavori di pregevole fattura si mescolano, inevitabilmente, ad altri di qualità più modesta.
Una cosa è certa: nessun papa ha acceso le aspettative dell’Italia risorgimentale come Pio IX; ma nessun papa, al tempo stesso, ha prodotto così grandi delusioni in chi si batté e morì per l’unità della nazione.
LA VITA
Giovanni Maria Mastai Ferretti nacque nel 1792 a Senigallia da una famiglia della piccola nobiltà. Studiò presso i Padri Scolopi e, nonostante una serie di attacchi epilettici che lo tormentarono (sia pur in forma lieve) durante la prima parte della sua vita, ebbe una giovinezza spensierata, allietata (se così si può dire) da una serie di vicende amorose, confermate dalla presenza in rete di un libro stampato a Milano nel 1862, “Le avventure galanti del Conte Mastai Ferretti già tenente di cavalleria ora Papa Pio IX narrate da una monaca ad un frate Zoccolante”; la cosa si può comunque considerare normale per un giovane nobile di quei tempi (e non solo di quei tempi).
Mastai Ferretti fu sempre attento ai bisogni dei più deboli fin dalla giovinezza quando, studente a Roma, fece apostolato presso uno degli ospizi per giovani abbandonati (il celebre “Tata Giovanni”, fondato da Giovanni Borgi) con il compito di sorvegliante, impegnandosi verso questi bisognosi con zelo e passione.
Un suo zio canonico di Roma, al quale il padre l’aveva indirizzato dopo una sbandata per un’attricetta di teatro, lo incoraggiò negli studi di filosofia e teologia e un viaggio a Loreto, dove pare ricevette la grazia per guarire dalla sua malattia, lo portò sulla via del sacerdozio che raggiunse nel 1819 come frate francescano. Tornato a Senigallia, ebbe modo di mettere alla prova le sue doti di predicatore, con una dialettica sciolta e colorita che riempì chiese e piazze. Si narra che alcune dame provarono a farlo ricadere in tentazione, senza successo.
Una difficile missione diplomatica in Cile tra il 1823 e il 1825, che non ebbe particolare successo per le resistenze del governo locale, mise in luce qualità e personalità di Mastai-Ferretti che, dopo alcuni incarichi minori, anche grazie all’impegno profuso in quella missione divenne arcivescovo di Spoleto nonostante una certa sua iniziale ritrosia ad assumere cariche di un certo livello.
Durante i moti del 1831 Monsignor Mastai-Ferretti, in un primo tempo fuggito da Spoleto per riparare nel Regno delle Due Sicilie, fu nominato delegato straordinario e con le sue capacità diplomatiche salvò la città da ulteriori scontri tra le truppe pontificie e i rivoltosi. Pur citato da alcune fonti, non sono riuscito a trovare conferma decisiva all’episodio in cui egli, ancora in qualità di arcivescovo di Spoleto, salvò il futuro Napoleone III dalla prigionia austriaca, che sarebbe forse costata il patibolo al futuro imperatore di Francia; si spiegherebbe in questo modo, almeno in parte, la devozione che “Napoléon le petit” ebbe sempre verso Pio IX. Nel 1832 la stessa città subì un grave terremoto e Mastai Ferretti si trovò a dirigere i soccorsi, intervenendo di persona sui luoghi del disastro e impegnandosi per la ricostruzione. Furono anche queste dimostrazioni di generosità e moderazione che contribuiranno, al momento della sua elezione a papa, a far pensare ai patrioti italiani che fosse uomo di idee liberali e aperto alla causa nazionale.
Un ulteriore balzo della sua carriera ecclesiastica si ebbe con l’elezione a vescovo di Imola, nella turbolenta Romagna che mal sopportava l’oppressivo dominio della Chiesa. Anche in questo caso Mastai Ferretti usò l’arma della moderazione e della diplomazia, guadagnando in considerazione tra la popolazione locale. La sua popolarità crebbe ulteriormente in occasione di un maldestro tentativo di sequestro da parte di alcuni cospiratori, in una operazione denominata “dei tre Cardellini” (i tre cardellini sono tre vescovi, tra cui il futuro Pio IX), che fallì e finì per ritorcersi contro gli stessi organizzatori. Contro il malgoverno papale non fece nulla di eclatante, ma accettando il fatto che fosse chiamato così e deplorando le malefatte dei Centurioni, gli uomini d’ordine del governo pontificio, diede ulteriore prova di tolleranza. Nello stesso periodo, però, ruppe le relazioni con i famigliari a Senigallia, considerati di idee troppo liberali.
Nel 1840 papa Gregorio XVI ordinò Mastai Ferretti cardinale all’età di soli quarantotto anni.
Il conclave del 1846 che seguì la morte di Gregorio si svolse in un periodo molto turbolento per la storia della penisola italiana. Per questo motivo molti cardinali stranieri decisero di non parteciparvi. Non giunse in tempo per la rottura alla ruota della sua carrozza il delegato austriaco, l’arcivescovo di Milano cardinale Gaisruck, che recava un veto contro il Mastai-Ferretti, e questo fece infuriare il cancelliere asburgico Metternich, che tutto auspicava tranne la nomina di un papa con fama di liberale.
Le prime mosse del pontificato di Pio IX, come per esempio la concessione dell’amnistia per i reati politici (provvedimento a dire il vero consueto dopo l’elezione di un nuovo papa) suscitarono ulteriori entusiasmi che inebriarono il Mastai-Ferretti, già di per sé incline ad un certo ingenuo protagonismo (alcune fonti dell’epoca descrivono i Mastai di Senigallia “troppo fantasiosi ed esaltati, oltre che volubili, e piuttosto ingenui e facilmente influenzabili”) e dotato senza dubbio di buon cuore, tanto che uno di seguito all’altro giunsero la Consulta di Stato, la Guardia Civica, la libertà di circolazione dei giornali con un relativo allentamento della censura, l’inizio delle ferrovie e la costituzione del Municipio di Roma. Promosse inoltre la costituzione di una Lega doganale tra gli Stati italiani preunitari, che rappresentò un importante tentativo politico-diplomatico dell’epoca volto a realizzare l’unità d’Italia per vie federali; ma era purtroppo il periodo in cui alla guida del Piemonte stava Carlo Alberto, non a caso chiamato “re tentenna” per la sua politica esitante. Nominò inoltre segretario di stato il Cardinal Gizzi, considerato anch’esso di idee riformiste.
Fu un periodo in cui Pio IX godette di grande considerazione presso i liberali e i patrioti italiani; accadde addirittura che i romani staccassero i cavalli dalla carrozza del Papa e la trasportasse a braccia. Una folla enorme si accalcava sotto San Pietro ad ogni sua apparizione, spettacoli e rappresentazioni artistiche di vario genere venivano interrotte in varie parti d’Italia da acclamazioni per il nuovo papa, in ogni casa trovava posto un suo ritratto e a molti bimbi fu imposto il suo nome.
La storiografia descrive Pio IX, dopo gli ardori iniziali, esitante dinnanzi a tanti entusiasmi; è probabile che la caratura non eccelsa del personaggio abbia contribuito a far sì che la situazione gli sfuggisse di mano, tanto che ad un certo punto anche Gizzi preferì farsi da parte. Fu in questo periodo che si diffuse tra il popolo il motto che, giocando con il cognome del pontefice, recitava: “Sei buono, sei Pio, ma-stai”, alludendo alla mancanza di una decisa presa di posizione nelle vicende patriottiche italiane.
Seguì il 1848, anno di grandi rivolgimenti in Europa (instaurazione della repubblica in Francia, rivoluzione siciliana, Repubblica di San Marco a Venezia, Cinque giornate di Milano, Prima guerra di indipendenza italiana, sollevazione della Polonia, rivoluzione ungherese, dimissioni di Metternich).
Concessa la Costituzione seguendo l’esempio del sovrano delle Due Sicilie Ferdinando II e di Carlo Alberto, mantenne un comportamento ambiguo in occasione della formazione di un esercito di volontari destinati al supporto alla rivolta milanese, fino a decretare l’uscita dello Stato della Chiesa dalla strana coalizione antiaustriaca che si era stabilita con Piemonte, Toscana e Regno delle Due Sicilie. È questo il momento della celeberrima allocuzione del 29 aprile 1848, con la quale Pio IX mette una pietra tombale sulle aspirazioni patriottiche dei cattolici italiani, dichiarando che mai un papa avrebbe mosso guerra ad una nazione cattolica come l’Austria.
Questo evento aprì inevitabilmente gli occhi ai suoi concittadini che, delusi e infuriati, sfogarono la loro ira contro il capo del governo, Pellegrino Rossi, pugnalato a morte dagli uomini di Ciceruacchio, un capopopolo che affiancherà Garibaldi nei mesi seguenti. Pochi giorni dopo Pio XI fuggì a Gaeta sotto la protezione di Ferdinando, anch’esso ritiratosi dall’alleanza antiaustriaca e vi poté rientrare solo nel 1850, dopo che le truppe francesi di Napoleone III avevano abbattuto con sanguinosi scontri la Repubblica Romana di Mazzini e Garibaldi.
In questa occasione il suo primo atto di restaurazione fu l’abolizione della Costituzione, ma poi proseguì la sua opera riformatrice adoperandosi per la tutela e formazione dei sordomuti, elargì una nuova e più ampia amnistia, favorì la costruzione di una rete ferroviaria nello Stato Pontificio, pur continuando il suo impegno contro la secolarizzazione della società del suo tempo.
Del 1864 è il già citato Sillabo, e nel 1870, a pochi mesi dalla breccia di Porta Pia, il Concilio Vaticano I da lui promosso portò alla formulazione del dogma dell’infallibilità del Pontefice. Curioso che questa pretesa di infallibilità, culminata con la famosa frase pronunciata dinnanzi ai diplomatici piemontesi “non sono né profeta, né figlio di profeta, ma vi assicuro che voi a Roma non entrerete”, venne prontamente smentita dai fatti.
In seguito all’occupazione sabauda di Roma, e nonostante la Legge delle Guarentigie, con la quale lo Stato italiano garantiva una serie di privilegi al papa e agli ecclesiatici, Pio IX promulgò nel 1874 il famoso non expedit (“non conviene”) con il quale veniva sconsigliata la partecipazione del mondo cattolico alla vita politica del neo stato italiano, poi ribadita e indurita con il non licet (“non è permesso”).
Fino alla sua morte (1878) il Papa continuò a definirsi “prigioniero dello Stato italiano”. Il suo è stato il più lungo pontificato della storia della Chiesa.
La cerimonia di traslazione della salma si trasformò in un’occasione per gli elementi clericali di una clamorosa manifestazione di protesta che sfociò in una sassaiola e nel tentativo di gettare il feretro nel Tevere.
La prima vera istanza di beatificazione ufficiale fu avanzata a pochi mesi dalla morte di Pio IX. In essa si legge che papa Mastai esercitò le virtù teologali e morali “in modo cosi elevato da meritare d’esser proposto come modello ed esser venerato come santo”.
Nel 1956, nel corso della lunga pratica di beatificazione, si dice che un’ispezione trovò il suo cadavere intatto; ma è solo nel 1986 che si ebbe la svolta, quando la Consulta medica della Congregazione per le cause dei Santi attestò l’inspiegabilità naturale e scientifica della guarigione da una grave malattia ossea di una suora carmelitana di Nantes. La beatificazione, come detto, giunse nel 2000.
PARERI CONTRAPPOSTI
Su Wikipedia ho trovato interessanti informazioni a sostegno della causa di beatificazione: al di là del rigore per la disciplina religiosa, che si esplicava in un carattere intransigente, egli mostrò molta carità per i poveri, arrivando ad impegnare i propri averi. Amava stare tra la gente ed elargì numerose elemosine, promosse iniziative benefiche, come la fondazione di asili, di ricoveri per anziani, poveri e indigenti. Fondò numerosi istituti maschili e femminili dedicati soprattutto all’apostolato presso i poveri, all’insegnamento e le missioni: i Salesiani di don Bosco e i Comboniani di Verona, per esempio. Lanciò appelli alle Chiese di oriente e di occidente con uno spirito ecumenico che precorreva i tempi.
Anche da papa egli continuò la sua vita da “parroco di campagna” (così amava definirsi); dopo le preghiere egli si dedicava alle udienze concesse sia alle personalità influenti che ai fedeli più umili. Accettava inoltre petizioni da chiunque e una volta al mese riceveva tutti in pubblica udienza. Si dice inoltre che non voleva che si spendesse più di uno scudo romano al giorno per i suoi pasti.
In ogni caso le vicende del papato di Pio IX spiegano senza dubbio i rancori nei suoi confronti. Dopo gli entusiasmi iniziali, molti furono gli episodi con i quali egli si attirò l’avversione di buona parte del mondo laico: nel 1852 ad esempio, sconfessando il vescovo di Mantova, sconsacrò Don Tazzoli, sacerdote su cui pendeva una condanna a morte austriaca per aver aderito alla Giovane Italia ed aver congiurato contro l’impero, permettendo così alla polizia di condurlo al patibolo dove con lui furono impiccati anche i “martiri di Belfiore”, altri cospiratori coinvolti nella triste e lugubre vicenda.
Varie fonti riportano che il malgoverno in Italia centrale proseguì anche con il nuovo papa, tanto che in alcune occasioni le popolazioni locali si mostrarono ben più tolleranti verso le truppe austriache rispetto a quelle vaticane.
Un’altra ombra che incombe sulla memoria di Pio IX è rappresentata dalle famosi “stragi di Perugia” del 1859, un episodio legato alla seconda guerra di indipendenza. Un comitato di perugini aveva chiesto il sostegno alla guerra piemontese contro l’Austria, e per tutta risposta il rappresentante pontificio aveva abbandonato la città, lasciandola alla mercé delle truppe mercenarie svizzere, incoraggiate da una comunicazione vaticana ad agire con severità (episodio dubbio, poi smentito dal governo pontificio). Il comitato rivoluzionario dovette difendere da solo la città, in quanto Cavour non avrebbe potuto, nemmeno volendo, contravvenire agli accordi con il Napoleone III, il cui appoggio in patria dipendeva in buona parte dalle forze cattoliche. Lo storico Pasquale Villari, l’ambasciatore degli Stati Uniti e il New York Times descrissero l’orrore della strage perugina, con fucilazione di civili (tra cui alcune donne) e la violenza di due giovinette di un collegio sotto gli occhi di insegnanti e allievi. In seguito alla riconquista di Perugia, papa Pio IX, in considerazione del successo, promosse il colonnello Schmidt a generale di brigata. Non è chiaro quanto e in che modo Pio IX fu complice delle “stragi di Perugia”.
A adombrare la figura di Pio IX rimangono altri controversi episodi. Da ricordare il caso del bambino ebreo Edgardo Mortara, che fu prelevato dalla famiglia di origine per essere educato secondo i dettami cattolici (forse perché la famiglia stessa non aveva seguito gli obblighi di legge che regolamentavano -in modo discriminatorio- la vita degli ebrei).
E’ deplorevole inoltre la macabra ritualità con cui il boia di Roma Mastro Titta, al secolo Giovan Battista Bugatti, che concluse il suo mandato sotto Pio IX, eseguiva le sentenze capitali. In nome del papa-re furono uccisi molti rivoltosi che si opponevano al potere temporale della chiesa.
Da citare infine il caso della canonizzazione durante il papato di Pio IX dell’inquisitore spagnolo Pietro d’Arbués, protagonista nel XV secolo di molti processi a presunti eretici in terra spagnola.
Di seguito riporto una serie di autorevoli giudizi trovati in rete che ritengo esplicativi della figura di Pio IX. Il primo è quello del fratello, il conte Gabriele Mastai, che ebbe a dire: “Tagliatelo a pezzi, ma ricomponendo i pezzi vedrete che non potrà venir fuori altro che sempre il prete”, a sottolineare l’umiltà e la dedizione alla missione di cui si sentì investito Pio IX.
Il secondo è quello di una delle personalità laiche più importanti del Novecento, Giovanni Spadolini: “Quello che Papa Mastai sentiva, ben oltre il problema territoriale, era il pericolo che il pontificato non potesse più assolvere alla sua missione spirituale il giorno in cui fosse venuto a mancare lo scudo di un territorio indipendente, il tradizionale diaframma fra l’Italia e l’Orbe cattolico […] Papa religioso come pochi altri ce ne furono nella storia, questo pontefice che pur ha legato il suo nome al Risorgimento e alla crisi del potere temporale: solo l’interesse della religione costituiva lo spartiacque dei suoi giudizi e delle sue valutazioni”. In un’altra occasione, Spadolini si soffermò sulla contrapposizione dei due più grandi personaggi italiani dell’epoca, Pio IX e Vittorio Emanuele II, sottolineandone la perfetta antitesi: uno conquistatore, cattolico ma senza troppi scrupoli religiosi e per questo aggressivo e impetuoso anche nei confronti dello Stato Vaticano, l’altro di fede intrepida e assoluta, disposto a portare a termine la sua missione di cristiano a qualunque costo.
Il giornalista e scrittore Luigi Maria Personè di lui scrisse: “Pio IX, nonostante che si sia tanto indagato su di lui, osservandone la figura in luce e controluce, per diritto e per traverso, rimane ancora tra i personaggi più enigmatici della vita moderna, ché ognuno può tirare l’acqua al proprio mulino, ossia può darne l’interpretazione che meglio si adegui alle proprio tendenze o ai propri gusti”.
Piacevolissima la descrizione che l’ambasciatore piemontese a Roma inviò a Carlo Alberto: “Mastai è un uomo di testa quadra, spende il suo denaro in opere di beneficienza; alcuni lo accusano di troppo zelo pei doveri ecclesiastici e di rigidezza pei costumi, ma egli ha maniere dolci ed è conciliante e modesto”.
Al limite della satira, invece, la figura di Pio IX ritratta da un parlamentare piemontese di sinistra, che pur riconoscendo a Pio IX amabili qualità e modi graziosi, lo descriveva facile ad irritarsi, caratteristica derivante dalla volubilità del suo carattere.
Particolarmente significativo è questo ritratto fornito da Arturo Carlo Jemolo, giurista e storico italiano, che ritengo riassuma al meglio la figura di Pio IX: “Il periodo di Pio IX fu pure quello dell’anticlericalismo più virulento; peraltro pure quelli che inveivano contro il papa del Sillabo, contro il tenace difensore del potere temporale… non poterono mai colpire l’uomo né il sacerdote. Gioberti e Farini riconobbero in Pio IX il sacerdote pio, il credente senza ombra di dubbio, l’uomo superiore ad ogni sospetto. Non papa politico… C’era in lui l’idea del dovere, dei giuramenti prestati, la distinzione tra il compito dell’uomo che in date posizioni deve agire in un determinato modo e la parte di Dio, che può confondere ogni previsione umana e far sì che anche i più santi desideri non siano esauditi. Giudicò tutto dal punto di vista religioso. La popolarità di Pio IX nel mondo cattolico fu immensa. Ben si disse che iniziò con Pio IX il “culto personale” verso il pontefice. Pur pastore di tutta la cattolicità, nel fondo del cuore si sentiva anzitutto italiano che non avrebbe mai potuto vivere in un esilio transalpino. In lui era l’umanità dell’uomo, quel suo riconosciuto candore, quella sua bonarietà che impediva anche alla più gran parte dei liberali, agli stessi repubblicani di odiarlo veramente; potevano detestare la funzione, l’abito, ma avvertivano il calore umano, la profonda bontà dell’uomo; essi, per lo più non credenti, avvertivano con uno stupore non scevro di rispetto, il prodigio di quegli che accetta, nonché senza rancore, senza neppure una profonda tristezza, la volontà di Dio, se pure suoni sconfitta delle tesi che egli ha sempre sostenuto, seppure ad occhi umani possa apparire una propria umiliazione”
Come sempre accade quando approfondisco un argomento divenuto storia, a un certo punto ho dovuto sospendere le ricerche per non soccombere sotto l’immane mole di documentazione, talora smaccatamente di parte, presente sia in forma digitale che cartacea.
Resta l’impressione di un Giovanni Maria Mastai Ferretti uomo del suo tempo, imbevuto di ideali e fermo in propositi che a noi possono apparire lontani e di difficile comprensione.

Pio IX, 255esimo papa della chiesa cattolica, di George Peter Alexander Healy. Fonte: wikipedia.

Spunti per approfondimenti:
Wikipedia
https://www.papapionono.it
Google Books contiene libri dedicati interamente o parzialmente a Pio IX
Youtube contiene video dedicati interamente o parzialmente a Pio IX
www.storialibera.it
https://it.cathopedia.org/wiki/Papa_Pio_IX
Altre informazioni sono state reperite su siti vari tramite Google

1 Response

  1. Federico ha detto:

    3 stelle su 4

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