Prevedere i temporali

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Osservare il cielo estivo disponendo di un orizzonte senza troppi ostacoli ci dà la possibilità di riconoscere nubi e cogliere altri segnali che possono annunciare un temporale con diverse ore di anticipo. Nel semestre caldo, infatti, non è raro che al mattino il cielo si presenti sereno o poco nuvoloso e che le cose cambino drasticamente nel pomeriggio; vediamo dunque quali sono le osservazioni che ci possono aiutare nella previsione, che talvolta (almeno a livello locale) può risultare più performante di carte e modelli matematici.
L’umidità è un fattore fondamentale: il primo tassello è quindi un’atmosfera mattutina fosca, con visibilità ridotta a 30 chilometri o anche meno. Eventuali monti o altri grandi oggetti posti in lontananza si distinguono con difficoltà o risultano addirittura invisibili. Un igrometro dovrà dare ovviamente un riscontro obbiettivo alle nostre impressioni.
L’umidità è però solo uno dei tasselli indispensabili per la formazione di temporali; importante è anche l’osservazione delle nuvole nelle primissime ore di luce. Segno di una latente instabilità dell’aria è la presenza di nubi (generalmente altocumulus) della specie castellanus che presentano una sorta di merlature sui bordi superiori e la tendenza a assumere la forma di piccoli sbuffi verso l’alto.
Quando il sole inizia ad alzarsi sull’orizzonte i castellanus possono anche dissolversi, ma se seguono cumuli torreggianti, tendenti cioè a una pronunciata verticalità, abbiamo la conferma che potrebbero prendere il via fenomeni temporaleschi.
Se invece le nubi tendono ad appiattirsi nella loro parte superiore, “sbattendo” contro una sorta di invisibile soffitto, siamo in presenza di un’inversione di temperatura alle quote medie che inibirà i fenomeni; anche la formazione di tanti piccoli cumuli distinti tra loro (i famosi cumulus humilis) Anche quando la crescita delle torri nuvolose appare vigorosa non abbiamo la garanzia assoluta di temporali; ne abbiamo la certezza solamente con il passaggio dal cumulus congestus, che può dispensare qualche rovescio, al cumulonimbus. Questa mutazione si evidenzia con l’inizio delle fulminazioni, con la comparsa di sfrangiature (indice di ghiacciamento in quota) sulla sommità della nube e talvolta con la presenza di pileus, curiosi ed effimeri veli a mo’ di cappello.
Quando alla base della nube vediamo fractus e pannus, brandelli di nubi che condensano nell’aria molto umida in prossimità del suolo, il temporale e le sue precipitazioni sono ormai alle porte.
In sostanza la formazione di un temporale assomiglia all’incastro dei pezzi di un puzzle; basta una variazione dei parametri atmosferici per far mancare un tassello. Può così accadere che in mattinata si osservino i castellanus, che l’aria sia molto umida ma che nel pomeriggio non accada nulla, per esempio a causa di un rialzo della pressione o di condizioni sfavorevoli alla crescita dei cumulonembi in quota.
Ricordiamo comunque che al giorno d’oggi esistono una gran quantità di strumenti per la previsione meteorologica (tra questi, a proposito dei temporali, vanno ricordati i radiosondaggi) e che quelli esposti sono metodi empirici, semplici da usare e utili per coltivare la propria passione meteo ;-)

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