Sfida alla pulsar
Il futuro potrebbe riservare all’uomo nuove ed esaltanti sfide. Una di esse è quella alle leggi stesse dell’universo…
Marco scrutò per l’ennesima volta il quadro comandi. Il momento tanto atteso era giunto, la tensione al massimo, gli sguardi di tutti fissi verso il vuoto immane. Laggiù, in un remoto angolo del cosmo, presto si sarebbe materializzato il motivo di tanta apprensione.
L’inesauribile fantasia umana avrebbe potuto dipingerlo come una sorta di drago cosmico, pronto a ghermire la sua preda.
E, in un certo senso, era proprio così.
Avvicinarsi ad una stella di neutroni1, indugiare sull’orlo del suo pozzo gravitazionale, compiere la propria missione e cavarsela senza riportare danni aveva davvero il gusto di un’avventura d’altri tempi.
Quando aveva accettato di guidare la missione verso Sirio C Marco non pensava che, alla sua età, avesse potuto trovare ancora qualcosa in grado di turbarlo.
Il numero e la portata degli incarichi alle sue spalle avrebbero dovuto, almeno teoricamente, metterlo al sicuro da ogni sorpresa. Dai mostruosi esseri che aveva sconfitto sul sistema di Alpha Centauri all’enorme cometa neutralizzata poche ore prima dell’impatto con la Terra, tutte le più grandi avventure spaziali del trentesimo secolo lo avevano visto protagonista. Era un personaggio talmente noto da essere portato ad esempio in tutte le accademie spaziali.
Eppure, ora che si trovava a non poter più contare sulle ferree leggi che governavano l’universo, gli sembrava di essere ringiovanito di ottant’anni, nei panni del giovane luogotenente della “Nexus”, la mitica nave spaziale con cui aveva solcato per un decennio le rotte interstellari di mezza galassia.
Forze e numeri in gioco in quella missione erano immensi, al di fuori della portata della mente umana. In una stella di neutroni, un corpo celeste di pochi chilometri di diametro, era compressa una quantità di materia pari a quella di tre stelle come il Sole, tanto che un cucchiaino di materiale prelevato dalla superficie sarebbe pesato quanto un’intera astronave da carico. La pulsar, grazie al suo immenso campo gravitazionale, possedeva inoltre una velocità di fuga prossima a quella della luce2. Tutti elementi, diceva tra se e se Marco, sufficienti a rendere quella missione il degno coronamento di una onorata carriera di comandante.
“Sandra, rapporto” -ordinò freddamente, cercando di scuotersi da pensieri in quel momento del tutto fuori luogo.
“Distanza trecentomila chilometri.” -rispose l’analista dei dati, sorpresa del tono inconsueto del comandante. “Siamo entrati nella sfera di influenza gravitazionale della pulsar. Distorsione spazio-temporale a fattore tre3“.
Marco si guardò intorno, non senza provare un senso d’orgoglio. L’immagine della sua nave, la Prometeo, che avanzava verso l’ignoto lo faceva sentire come una sorta di Napoleone cosmico al comando di un’armata senza paura, e per un attimo si divertì all’idea di come i mezzi di informazione lo avrebbero dipinto alla comunità galattica, imperturbabile di fronte al pericolo sempre più vicino.
In realtà la preoccupazione lo divorava, ma nelle virtù di un capo c’era anche quella di non tradire ansie e paure. Questa volta, però, il suo compito si stava rivelando assai difficile.
Nessuno, quando era stato convocato al comando generale sulla Terra, aveva avuto il coraggio di ordinargli una simile follia. Andare alla ricerca di un’astronave scomparsa nelle spire gravitazionali di una pulsar poteva suonare come un’impresa assurda, persa ancor prima di iniziare.
La cosa più probabile era che la Icarus e tutto il suo equipaggio fossero stati inghiottiti e distrutti dal mostro cosmico nei secondi immediatamente successivi all’interruzione del contatto radio.
Ma nulla doveva rimanere intentato: il giuramento che ogni ufficiale era tenuto a fare all’atto della sua investitura parlava chiaro. Così Marco, raccolto un gruppo di coraggiosi, si era gettato senza esitazioni in quella che poteva essere una missione senza ritorno.
“Distanza duecentomila chilometri” -la voce di Sandra lo riportò alla realtà. “Distorsione spazio-temporale a fattore quattro”.
Fattore quattro…oltre quel valore tutte le leggi della fisica classica avrebbero perso ogni significato. Tempo e spazio, deformate dai capricci della gravità, avrebbero presto assunto comportamenti imprevedibili. Solamente un sottilissimo campo di contenimento separava l’astronave dal caos.
Marco scrutò lo spazio circostante, cercando il chiarore della pulsar. Sapeva bene che volgere lo sguardo verso la zona indicata dalle coordinate strumentali non avrebbe avuto senso; lo spazio circostante era talmente deformato che la luce, sfuggendo a fatica dal campo gravitazionale, si trovava a percorrere traiettorie fuori d’ogni logica. La individuò dopo alcuni secondi, lassù, ancora lontana, nel suo suggestivo scintillare sullo sfondo nerissimo del cosmo.
“Il computer sta fornendo i primi dati” -annunciò Sandra, visibilmente tesa. “La pulsar ha un diametro di sedici chilometri e una densità novanta volte superiore a quella del piombo. La gravità alla superficie è centotrenta volte quella solare”. Nella sala comandi nessuno fiatò. Quella semplice sfilza di freddi numeri era più che sufficiente per descrivere a dovere il mostro rotante.
“Martin, che mi dici?” Martin, il secondo in capo, il classico genio con i capelli arruffati e l’aspetto trasandato, era uno studioso che aveva dato tanto alla fisica del trentesimo secolo.
“Che cosa vuoi sentirti dire, Marco?” -rispose lui senza nemmeno distogliere gli occhi dal nero cosmico. “Mi sento come un bambino dentro ad un negozio di caramelle. Se è un sogno, non svegliarmi”.
Marco si risentì di quella risposta, del tutto inopportuna in quel momento. Il collega se ne avvide, e cambiò registro. Lui partecipava alla missione con l’incarico di consulente scientifico, e in casi del genere non doveva esservi spazio per emozioni personali.
“Scusami” -disse portandosi alla console. “Per ora le misurazioni ricalcano quelle effettuate una cinquantina d’anni fa dall’ultima sonda passata da queste parti. La pulsar ruota su se stessa ogni 1,2 secondi, inondando lo spazio circostante con una fascio di potentissime onde elettromagnetiche. Per il resto dovrei snocciolarti una serie di equazioni alquanto noiose. Ti saprò dire di più tra alcuni minuti, quando raggiungeremo la distanza ottimale. I sensori ovviamente faticano a raccogliere i dati in queste condizioni”.
“Ci pensi?” -continuò lo scienziato. “Qualche fantasioso cosmologo dei tempi andati descriveva le stelle di neutroni come luminosissimi fari, innalzati da un premuroso demiurgo, in modo da risparmiare ai viaggiatori un disastroso naufragio spaziale!”
“Bah” -continuò accendendo uno di quei sigari che Marco detestava tanto- “poi ci hanno pensato gli scienziati a togliere tutta la poesia… il fatto che si tratti del cadavere di una stella, o di una pallina di neutroni se vogliamo, è decisamente meno affascinante, e anche poco tranquillizzante, non trovi?”
Lo sguardo corrucciato di Marco non mutò di una virgola.
“Che hai?” – gli chiese sottovoce lo scienziato.
I due, prima che colleghi, erano amici, e tra loro si era instaurata una confidenza che andava al di là della semplice stima tra ufficiali.
“Ho un brutto presentimento, Martin” -gli rispose il comandante.
“Da quando ti fai condizionare dai presentimenti, Marco?” -se ne uscì divertito Martin, con un tono di voce tale da attirare l’attenzione del personale presente in sala comando.
“Sai bene anche tu” -proseguì il comandante stizzito- “che questa non è una missione come le altre. Mi vengono i brividi ad ogni nuova rilevazione dei sensori. Siamo ad un passo dall’oblio, e pensare che la responsabilità delle duecentocinquantatre vite a bordo è solo mia non mi fa certo stare tranquillo!”
Martin comprendeva bene quali fossero i sentimenti dell’amico. Per un consigliere scientifico, tutto era più semplice. Quell’incarico non poteva essere meglio calzante per chi aveva fatto della conoscenza il fine ultimo della propria vita. E ora, di fronte a tanta magnificenza, non poteva che provare un entusiasmo irrefrenabile.
Dopotutto, l’incidente alla Icarus era giunto a proposito. Da decenni ormai si parlava di un possibile avvicinamento ad una stella a neutroni. Ora, finalmente, il grande momento era giunto. Non si trattava certo di una curiosità rivolta a dati e fredde statistiche che già le sonde automatiche avevano in gran parte raccolto. Era l’istinto innato di ogni uomo a ficcare il naso ovunque ci fosse pericolo che li aveva portati a quel punto.
“Centosettantamila chilometri” -la voce di Sandra squillò nel silenzio della sala comandi.
Marco si guardò intorno: in quel momento gli occhi di tutti erano rivolti all’enorme e ormai vicinissima girandola di vuoto davanti a loro.
“Ancora nulla, Paul?” -disse rivolgendosi al vice in comando.
“Nessun segnale di provenienza artificiale” -confermò il secondo. “Come previsto, le letture sono fortemente disturbate dal campo gravitazionale.”
“Martin?” -chiese il comandante, quasi a cercare una parola di conforto. “Non posso dirti nulla di più, Marco” -commentò lo scienziato senza staccare gli occhi dal monitor. “Se devo essere sincero, non riesco a considerare l’idea che una navetta priva di un campo di contenimento possa essere giunta in questa zona”.
“Lo so, Martin. Ma dobbiamo tentare anche l’impossibile! Paul” -proseguì ad alta voce- “avanziamo di altri diecimila chilometri”.
“Comandante… così varcheremo il limite di sicurezza”.
“Procedi, Paul!” -ordinò con un tono che non ammetteva repliche.
“Distorsione spaziotemporale a fattore quattro virgola cinque!” -annunciò pochi secondi dopo Sandra.
“Comandante, sto ricevendo una richiesta di soccorso: è la Icarus!” -urlò Paul. “Siamo in rotta di collisione!”.
“Attuare manovra diversiva!”-ordinò prontamente Marco.
“Impossibile, capitano: abbiamo perso il controllo della Prometeo! Distorsione a fattore cinque. Impatto previsto tra trenta secondi!”
Un attimo dopo l’immagine tremolante dell’astronave comparve sullo schermo. “Sto tentando di entrare in contatto su tutte le frequenze, ma per ora nessun risultato”.
“Continua a provare, Paul” -ordinò il comandante.
“C’è qualcosa di strano, comandante” -osservò Paul. “La richiesta di soccorso che giunge dalla navetta si ripete senza soluzione di continuità. Non rispetta la procedura standard da applicare in questo caso”.
“Guardate i motori” -continuò Martin- “si accendono e si spengono con un ritmo regolare. Eppure l’astronave non si muove di un millimetro. Tutto ciò non ha senso!”.
“Prova a dargliene uno, in questi pochi secondi che ci rimangono!” -lo implorò il comandante.
“Beh, se dovessi azzardare un’ipotesi, direi che l’astronave è prigioniera di un anello temporale” -sentenziò lo scienziato. “E se questo è vero, temo che noi abbiamo fatto la stessa fine…”. Un secondo dopo, la Prometeo e la Icarus si dissolsero in una colossale esplosione.
“Comandante, sto ricevendo una richiesta di soccorso: è la Icarus!” -urlò Paul.
“Siamo in rotta di collisione!”. “Attuare manovra diversiva!”-ordinò prontamente Marco.
“Impossibile, capitano: abbiamo perso il controllo della Prometeo! Distorsione a fattore cinque. Impatto previsto tra trenta secondi!”
Un attimo dopo l’immagine tremolante dell’astronave comparve sullo schermo.
“Sto tentando di entrare in contatto su tutte le frequenze, ma per ora nessun risultato”.
“Continua a provare, Paul” -ordinò il comandante.
“C’è qualcosa di strano, comandante” -osservò Paul. “La richiesta di soccorso che giunge dalla navetta si ripete senza soluzione di continuità.”
“Non rispetta la procedura standard da applicare in questo caso, vero Paul?” – lo interruppe Marco, terminando la frase con la netta sensazione di averla già sentita.
Martin e il comandante si scambiarono una rapida occhiata. Era chiaro che stavano pensando la stessa cosa.
“Non mi stavi parlando di un anello temporale, Martin?”.
“Esatto. Temo che siamo incappati nella stessa trappola della Icarus”. “Dobbiamo trovare il modo di uscirne, altrimenti continueremo a ripetere questa scena per l’eternità!”
“Comandante, sto ricevendo una richiesta di soccorso: è la Icarus!” -urlò Paul. “Siamo in rotta di collisione!”.
“Attuare manovra diversiva!”-ordinò prontamente Marco, seguendo un copione che sembrava già scritto.
“Di che cosa stavamo parlando?” -se ne uscì con foga il comandante, sforzandosi di coprire la voce di Paul.
“Dell’anello temporale, Marco!” “Siamo prigionieri di un percorso circolare nel tempo!” È l’effetto della deformazione sul tessuto spaziotemporale indotta dalla pulsar. Per spezzarlo sarebbe necessaria l’emissione di una gran quantità d’energia. Potremmo ricorrere ai motori materia-antimateria della navetta. Impartendo ai motori una partenza da fermo a velocità iperluce dovremmo ottenere una tale produzione di…”
“Comandante, sto ricevendo una richiesta di soccorso: è la Icarus!” -urlò Paul. “Siamo in rotta di collisione”.
“Martin” -pregò il comandante- “dobbiamo rompere questa catena! Non mi stavi parlando di una grande emissione di energia?”
“Sì, esatto. Con i motori della navetta possiamo disporre di una quantità di energia tale da creare uno strappo nel tessuto spaziotemporale, rompendo l’anello in cui siamo prigionieri…”
“Comandante, sto ricevendo una richiesta di soccorso: è la Icarus!” – riprese la voce del vicecomandante.
I due amici si ritrovarono per l’ennesima volta faccia a faccia, ma questa volta bastò un cenno d’intesa. “Paul, velocità quindici!”.
Paul obbedì istantaneamente, azionando i motori prima che il circolo temporale si chiudesse per l’ennesima volta. Le immagini provenienti dall’esterno si fecero ancor più confuse e deformate, fino a dissolversi in un vortice di luci e colori.
“Comandante, sto ricevendo una richiesta di soccorso: è la Icarus!” -urlò Paul.
“Non dirmi che non ha funzionato, Martin…” -implorò Marco.
“Astronave Icarus chiama Prometeo” -risuonò una voce nella sala comandi. “Prometeo, mi ricevete?”.
“Julius, sei tu?” -urlò felice Marco. “Vecchia volpe dello spazio, ma in che guai ti vai a cacciare?”.
“Beh, diciamo che ci siamo presi tutti un breve periodo di ferie”.
“Un breve periodo? Sono quarantatre giorni che non rispondete alle chiamate, Julius….”.
“Quarantatre? Accidenti come passa il tempo quando ci si diverte! Ancora un po’ e ti ritrovavo vecchio, Marco!”.
“Già, già” -riprese il comandante. “Preparatevi a riprendere il viaggio. Le vostre ferie sono finite!”
Note
1) Una stella di neutroni o “pulsar” è un corpo densissimo che rappresenta lo stadio evolutivo finale di una stella di massa molte volte quella del nostro Sole.
2) Solo un buco nero possiede una forza gravitazionale più grande. In questo caso nemmeno la luce, dotata della più alta velocità nota nell’universo, è in grado di sfuggirgli.
3) La teoria della relatività di Einstein ha dimostrato che in presenza di corpi di grande massa anche il tempo, e non solo lo spazio, subisce per un osservatore esterno importanti deformazioni.