Stelle ribelli!

Per quanto possa essere bello, l’astro che risplende nel nostro cielo e che ha ispirato artisti di ogni epoca altro non è che, per dirla in gergo prettamente tecnico, una comunissima stella di classe G2! Il nostro Sole è in sostanza un corpo celeste privo di caratteristiche che possano farlo risaltare nel variegato carrozzone del cosmo. Esiste infatti una miriade di stelle che lo superano in spettacolarità: supergiganti rosse, giganti azzurre, sistemi multipli, corpi ultradensi e oggetti esotici che mettono in crisi le leggi della fisica classica.
Esiste però una categoria di astri con la quale nessun’altra può rivaleggiare: si tratta delle stelle variabili. Per noi terrestri il concetto di “stella variabile” è piuttosto difficile da afferrare. Se c’è una cosa alla quale attribuiamo affidabilità, questa è proprio il Sole. Esso splende nel cielo sempre uguale a sé stesso e ogni sua fase e movimento è perfettamente prevedibile.
Su altri mondi, invece, tutto ciò va letteralmente a gambe all’aria. La peculiarità delle stelle variabili è quella di cambiare dimensioni, colore e/o luminosità con ritmi più o meno regolari e con modalità più o meno evidenti a seconda della categoria di appartenenza: si va da variazioni pacate e prevedibili a esplosioni improvvise e devastanti.
Alcune variabili, per la verità, lo sono solo in apparenza; si parla in questo caso di variabili estrinseche, in quanto le variazioni di luminosità sono solo apparenti; tra esse troviamo le variabili geometriche o a eclissi (sistemi stellari doppi o multipli nei quali il continuo frapporsi delle singole componenti l’una davanti all’altra genera una continua variazione di luminosità; per esempio la stella Algol nel Perseo) e le variabili rotanti nelle quali la variabilità è causata dalla rotazione della stella attorno al proprio asse, talvolta esaltata dalla presenza di macchie. La stella Vega, per esempio, ruota a una velocità tale da risultare molto schiacciata ai Poli, assumendo una forma ellissoidale.
Da ricordare inoltre che anche alcune pulsar sono variabili estrinseche; si tratta di quelle che, oltre all’emissione di onde radio, splendono anche nella banda del visibile.
Le vere stelle variabili, fisiche o intrinseche, sono quegli astri che cambiano effettivamente le loro proprietà nel corso del tempo e presentano quindi variazioni di densità, volume, temperatura o colore. È su queste che, per l’indubbio fascino che sanno suscitare, conviene puntare l’attenzione. In questa categoria abbiamo un’ulteriore distinzione tra variabili pulsanti (variazioni del diametro), eruttive (con brillamenti ed espulsioni di massa) e cataclismiche, comprendenti le novae e le supernovae, che producono alcuni tra i fenomeni più energetici nell’universo.
Nelle variabili pulsanti, tra le quali è spesso possibile osservare un ciclo sostanzialmente regolare, troviamo il celeberrimo gruppo delle Cefeidi (anche la Stella Polare è una cefeide, pur con alcune peculiarità tutte sue), le variabili di tipo Mira (di cui il classico esempio è Mira Ceti, la prima a essere scoperta e vero e proprio prototipo delle stelle variabili), capaci in alcuni casi di balzi di 11 magnitudini (la magnitudine è l’unità di misura della brillantezza); in quelle eruttive, invece, l’evento è meno prevedibile e generalmente più intenso. Le variabili cataclismiche possono diventare decine di migliaia di volte più lucenti rispetto alla fase di quiescenza e sono causa di fenomeni colossali, che turbano la pace nei dintorni cosmici.
Esiste comunque un gran numero di sfumature che rendono difficile una rigida classificazione dell’astro osservato: vi sono, per esempio, variabili eruttive i cui momenti parossistici si verificano a intervalli regolari.
Molto diversificato nella durata è il ciclo seguito dalle stelle variabili: si va da poche ore ad alcuni anni.
Un elenco completo delle varie tipologie e caratteristiche delle stelle variabili è consultabile a questo link. Si tenga presente che alle stelle variabili vengono assegnate le lettere dalla R alla Z (per esempio R Coronae Borealis); terminate le lettere, si passa alla sigla doppia (es. RR LYrae).
Ma più che analizzare un lungo e complicato inventario, possiamo chiederci quale sia la causa di tali bizzarrie celesti!
Si tratta evidentemente di astri dall’equilibrio instabile; nelle stelle “normali” come il Sole le reazioni nucleari che avvengono nel nucleo e che tenderebbero a disintegrare la stella contrastano con la forza di gravità, uguale ma di segno opposto; si parla in questo caso di equilibrio idrostatico. In quelle che stiamo esaminando, invece, il gioco di equilibri è assai più precario; così, quando le reazioni termonucleari nel nucleo diminuiscono di intensità, la gravità prende temporaneamente il sopravvento. Ma la contrazione genera un aumento della temperatura, tanto che nuove reazioni nel nucleo restituiscono slancio alla pressione, che riporta l’astro alle dimensioni originarie. L’astronomo Eddington ha ipotizzato un altro meccanismo per il quale possono avvenire modifiche nella dimensione delle stelle: si tratta della ionizzazione forzata subita dal gas nel momento in cui esso viene compresso verso il centro della stella dalla forza gravitazionale. Una maggior ionizzazione comporta un’aumentata opacità, che si traduce in un più efficace assorbimento del calore e quindi in un successivo “rimbalzo” degli strati esterni della stella.
Altre volte è la presenza di una o più compagne che determina l’instabilità, dato che la presenza di altri corpi massicci nelle vicinanze causa scambi di gas e materia stellare modificando l’equilibrio idrostatico dei corpi coinvolti.
Il ciclo, come detto, può durare ore, giorni o anni; nelle varie fasi si possono osservare variazioni di temperatura, colore e luminosità anche molto intense. Si è stimato che in certe stelle la temperatura scende a livelli talmente bassi da permettere la temporanea condensazione, a una certa distanza, di vere e proprie nuvole di fuliggine, che vengono poi dissipate all’inizio di un nuovo ciclo di riscaldamento.
La volubilità delle variabili intrinseche dipende generalmente da due fattori: uno, come detto, consiste nella presenza di stelle compagne, a volte così vicine che i rispettivi strati esterni si compenetrano; l’altro è l’età dell’astro. Se la stella è molto giovane può non avere ancora raggiunto la fase di equilibrio, se invece è molto anziana può averlo già perso ed essere in procinto di entrare nell’ultima fase della sua vita, quella che la porterà a diventare una nana bianca, una stella di neutroni o addirittura un buco nero.
In ogni caso le stelle variabili sono tra le creature più affascinanti del cosmo; si pensi per esempio allo spettacolo di cui godrebbe un abitante di un pianeta posto in orbita attorno a un astro tanto bizzarro. Egli vedrebbe il suo sole variare, con un ritmo più o meno regolare, sia nelle dimensioni sia nel colore. In certi periodi esso, espandendosi, porterebbe la sua fornace nucleare a distanze poco rassicuranti… una prospettiva davvero poco piacevole! Esisterebbero inoltre stagioni dettate dalle bizze termiche della stella che si accavallerebbero a quelle dovute alle cause astronomiche. Si tratta di considerazioni talmente affascinanti che ho deciso di trarne un racconto leggibile al seguente link.
Piccola curiosità: anche il Sole, come molte stelle, cambia (sia pur impercettibilmente) luminosità nel tempo; il ciclo undecennale delle famose “macchie” causa variazioni di luminosità intorno allo 0,1%, ma ve ne sono altre, su scale temporali più ampie e di cadenza meno prevedibile, che si ritiene possano avere conseguenze sul clima terrestre.

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