Un’impresa d’altri tempi!
Pedalare da Bolzano (Settequerce per l’esattezza) a Roma e ritorno senza alcun aiuto che non sia quello delle proprie gambe richiede al giorno d’oggi un impegno psicofisico straordinario; figuriamoci a metà del secolo scorso, con le strade ancora disastrate dalla guerra, la precaria situazione economica, i riferimenti geografici approssimativi (“GPS” era a quei tempi una sigla del tutto sconosciuta!), la scarsa presenza di strutture di accoglienza e le rudimentali biciclette a disposizione! Dario Cainelli l’ha fatto, ha compiuto questa impresa nell’anno 1950 pedalando per 9 giorni sotto il sole di agosto, riposando talvolta su giacigli di fortuna e vivendo situazioni di ogni genere.
Sulla base dei ricordi raccolti dal figlio Claudio ecco la fantastica avventura di questo ragazzo di 19 anni che saltò in sella e, per onorare l’anno santo, giunse in bicicletta fino a Città del Vaticano attraverso un’Italia che si stava rialzando dalla guerra, facendosi apporre visti e timbri attestanti il suo passaggio in varie località. Una storia che meriterebbe un libro, che avrebbe fatto uscire di testa mio papà e che sono felice di raccontare sul mio sito.
Ecco quindi come si svolse quel singolare pellegrinaggio…
Viaggio di andata (Settequerce – Roma, 5 giorni)
7 agosto 1950: si parte!
Dario partì da Settequerce, località posta pochi km a nord di Bolzano, verso le 4 del mattino del 7 agosto 1950, proprio mentre iniziava ad albeggiare. A Trento imboccò la Valsugana, facendo una sosta a Levico in mattinata, una a Limena e proseguendo fino a Padova, dove fu ospitato da amici di famiglia. Per questo motivo sul foglio di viaggio preparatogli dal parroco Don Guido Pedrotti non troviamo traccia della sua fermata nel capoluogo veneto.
8 agosto 1950: Firenze.
Dario si rimise in marcia da Padova, sempre di buon mattino, passò per Ferrara (vedi timbro del foglio di viaggio), superò Bologna, attraversò il passo della Futa e fece tappa a Firenze. In questa occasione trascorse la notte dormendo in una chiesa, sul pavimento!
9 agosto 1950: Arezzo.
Dario saltò in sella e da Firenze attraversò la Val d’Arno passando per Pieve di San Giovanni Battista (AR), come testimoniato dal foglio di viaggio. Si fermò ad Arezzo, dove dormì presso un seminario ed ebbe la fortuna di fare un bagno in una vera vasca da bagno… un lusso quasi impensabile a quei tempi!
10 agosto 1950: Assisi.
Dario partì da Arezzo in direzione Assisi, sostando a Perugia per il timbro presso la locale diocesi. Ad Assisi, dopo essersi fatto apporre il visto, si sistemò per la notte su un giaciglio di fortuna, un mucchio di paglia riparato alla meno peggio da una tettoia. Episodio curioso: il nostro eroe dormì abbracciato alla bici per paura che gli venissero rubate le ruote! Questo perché poco prima aveva incontrato uno sventurato ciclista che, forati entrambi i tubolari, si era ritrovato disperato e senza soldi. Tenne quindi stretta a sé la compagna di viaggio per tutta la notte, nella speranza di svegliarsi se qualcuno l’avesse toccata. Per fortuna tutto filò liscio!
11 agosto 1950: Roma!
Il giorno più bello! Dario partì da Assisi e sulla strada per Narni fu protagonista di un buffo episodio. Avendo perso l’orientamento e non sapendo esattamente dove si trovasse, chiese alla prima persona incontrata il nome del paese. Alla brusca replica “bastardo”, egli chiese ancora una volta: “Scusi, ma come ha detto? Perché mi ha dato questa risposta?”. Il signore allora rispose gentilmente che il paese si chiamava proprio così, Bastardo! Per questo motivo il nome di quella località gli è rimasto ben impresso nella mente per tutti questi anni!
Passato Narni, Dario arrivò finalmente a Roma, dove si fece imprimere un bel visto presso il Comitato centrale dell’Anno Santo; venne poi accolto con gentilezza nella allora nuova Casa del pellegrino, eretta per l’occasione dell’Anno Santo. La struttura era gestita dalla GIOC (Gioventù Italiana Operaia Cristiana); in base al foglio di viaggio che certificava il suo viaggio in bici, si ritenne il pellegrino meritevole di essere ospitato gratuitamente. Chi poteva dimostrare di essere giunto a Roma con mezzi di fortuna (in bici o a piedi) ne aveva infatti pieno diritto, oltre a poter disporre di un lasciapassare per visitare la città e viaggiare gratis sui mezzi pubblici per 5 giorni. Dario rimase a Roma in visita e pellegrinaggio per 4 giorni, lasciando la bici presso la Casa del pellegrino.

Il viaggio di andata estrapolato con Google Maps di Dario attraverso Padova, Firenze, Arezzo, Assisi

La presentazione di Don Pedrotti, con l’invito a prestare aiuto al giovane Dario, e i successivi timbri e visti apposti nelle varie località toccate durante il viaggio.
Viaggio di ritorno (Roma-Settequerce, 4 giorni)
16/08/1950: Pisa
Dario iniziò il rientro verso casa all’alba del 16 agosto. Risalendo la costa tirrenica passò per Civitavecchia, Follonica, San Vincenzo, Cecina, Livorno (ben documentata sul foglio di viaggio la sosta alla chiesa di San Vincenzo) e giunse a Pisa, dove dormì nella Casa del clero vicino al Duomo. Questa fu la tappa più lunga del suo viaggio, circa 350 km: una vera e propria maratona nella maratona!
17/08/1950: Parma
Il 17 agosto è il giorno del maltempo: partito da Pisa, Dario passò per Marina di Massa, Pontremoli, (è soprattutto qui che ricorda tanta pioggia e vento), Montelungo, Passo della Cisa per arrivare a fine tappa a Parma, dove dormì presso la Curia Vescovile come testimonia il foglio di viaggio.
18/08/1950: Riva del Garda
Dario partì di buon mattino da Parma in direzione Brescia attraversando il fiume Po su una zattera, dato che in quella zona i ponti bombardati durante la seconda guerra mondiale dai tedeschi non erano stati ancora ricostruiti. Arrivato a Brescia presso il convento delle Ancelle della Carità, dove una sorella era suora, poté gustarsi un (troppo) lauto pranzo, cosa che pagò sulla strada per Riva del Garda con le gambe che giravano a fatica e male. Arrivato in qualche modo a Riva, poté dormire comodamente nel letto dell’Arciprete che era assente per alcuni giorni.
19/08/1950: rientro a casa!
L’ultima tappa da Riva del Garda fino a casa prevedeva una sosta a Nave San Felice, dove vivevano alcuni suoi parenti. Non trovò nessuno in casa, ma la vicina lo indirizzò alla vicina campagna, dove i parenti erano al lavoro. Lì trovò le vigne con l’uva matura e, preso un grappolo, iniziò a gustarselo. Da lontano lo apostrofò il contadino, nonché cugino, che poi lo riconobbe e lo abbracciò. Il viaggio terminò infine a Settequerce, e possiamo immaginare la felicità di parenti e amici nel rivederlo dopo tanti giorni senza sue notizie.

Il viaggio di ritorno estrapolato con Google Maps di Dario attraverso Pisa, Parma, Brescia, Riva del Garda

Altri timbri e visti raccolti durante il ritorno. Interessante la nota di Don Pedrotti, che sottolinea come Dario non abbia mai forato: si direbbe proprio che il viaggio si sia svolto sotto una buona stella!
Note a margine
Dario compì la sua impresa a 19 anni, quindi non ancora maggiorenne (i 18 anni verranno introdotti solo nel 1975), senza poter contare su alcun sostegno economico da parte della famiglia. Egli dovette quindi affidarsi solo alle proprie forze e alla generosità del prossimo.
A causa di questo viaggio Dario perse il lavoro: il padrone infatti non lo volle riprendere essendosi assentato per più di una settimana!
ALCUNE CONSIDERAZIONI PERSONALI
Prima di tutto un enorme CONGRATULAZIONI a Dario per la sua impresa, compiuta oltretutto da giovanissimo, ma anche tanta INVIDIA per un’avventura che merita di essere ricordata, raccontata e tramandata.
Lasciatemi inoltre fantasticare sul fatto che, durante il suo viaggio, gli sguardi di mio padre e di Dario possano essersi incrociati, anche solo per un attimo. Eh già, perché a quel tempo la statale del Brennero attraversava Bronzolo, dove mio padre era nato nel 1944. Chissà che un bimbo di 6 anni non abbia lanciato un’occhiata a quel temerario ragazzo che sfrecciava in bici… non lo sapremo mai, ma mi mette i brividi pensare che, 68 anni dopo, io possa essere qui a immaginarmi questo episodio, che magari è capitato davvero. Chissà…

La tessera di ciclista di Dario Cainelli

La mitica Wilier Triestina che ha accompagnato il ragazzo nel viaggio. Notare il cambio a bacchetta grazie al quale, tramite due leve, è possibile cambiare rapporto. Fonte immagine: https://www.sterba-bike.cz/?lang=EN
Grazie Marco di aver pubblicato questo speciale momento della vita di mio padre!
Bellissima impresa! Cose di altri tempi. Anche mio padre si chiamava Dario ed aveva parenti in Alto Adige.