Uomini e automobili
L’uomo e la sua automobile, ovvero quando un rapporto già di per sé ridicolo finisce per diventare pietoso.
Questa al giorno d’oggi è la situazione che appare agli occhi di chi riesce a starne fuori, di chi è abbastanza sveglio da capire che in molti (leggi: multinazionali dell’automobile e del petrolio) si fregano le mani e gioiscono di questa strana idolatria per un semplice ammasso di lamiera. Al quale si sacrifica tutto, dalle snervanti attese in colonna alla salute nostra e di tutti i nostri cari, fino alla stessa vita, gettata via per un sorpasso azzardato, per l’acceleratore troppo pigiato o semplicemente per ruggire al mondo con il rombo del proprio motore.
Un simulacro su cui il povero di spirito riversa attenzioni maniacali, affetto, talvolta si direbbe quasi amore. Questo smodato culto dell’auto è una vera e propria droga dei poveri (di spirito ovviamente), una valvola di sfogo per esistenze di poco conto in cui la marca del motore diventa motivo di orgoglio e distinzione, salvo poi scoprire sulla strada che mille altri hanno lo stesso colore, lo stesso modello, la stessa ridicola espressione di compiacimento.
Un culto che, ovviamente, è ben foraggiato dai media. Nelle pubblicità in TV, sui giornali, ovunque possibile, l’auto è sempre associata a concetti quali ebbrezza, velocità, sesso; le droghe dei poveri di spirito, appunto. Che poi si vanno puntualmente a “stampare” su qualche muro, o causano incidenti con morti e feriti.
Perché la pubblicità non cita alcune semplicissime regole fisiche. Se stai viaggiando a cento all’ora e tieni l’automobile che ti precede a pochi metri di distanza, non è fisicamente possibile evitare lo schianto in caso di frenata. Anche se la sera prima hai visto il Gran Premio e ti sei esaltato, o se l’alcool che hai in corpo sembra dotarti di poteri sovrumani, o magari se cerchi rivincite sul complesso di inferiorità che nel mondo d’oggi sembra aver fatto presa su di un bel po’ di gente.
Non credo ci sia possibilità di cambiare le cose, almeno nel breve periodo: troppo potente è il Grande Fratello che governa le menti dei deboli. Il motto “comprate e consumate” (che, beninteso, vale per tutto ciò che è vendibile) è ormai ben radicato in molti di noi.
Ciò che si può fare è sottrarsi a questo gioco perverso. Come? Nel caso in questione evitando il più possibile l’automobile, usarla poco, pochissimo, tenendosi il più possibile lontano dalle strade grazie ai percorsi ciclabili.
Difficile? Meno di quello che sembra! Per chi lavora in città usare un mezzo pubblico o quella meravigliosa invenzione che si chiama bicicletta fa risparmiare tempo e scatti di nervi. Chi dice il contrario non ha mai fatto la prova. In bici si può andare con QUALUNQUE condizione meteo. Io che ho abitato fuori città per 14 anni ho sempre usato la bici per andare al lavoro, percorrendo dai 30 ai 50 km al giorno, estate e inverno, pioggia, sole, vento o neve, ma non sono certo un superuomo per questo. Sono semplicemente uno che non si fa infinocchiare.
Qualcuno forse è mai morto di stenti in bicicletta?
In automobile, invece, si muore, eccome…
Non sapendo esattamente di quando è l’articolo è anche difficile dare opinioni; ma non credo che vadano così demonizzati ad esempio i mercatini di Natale, sono belli e caratteristici, caso mai sono idioti quelli che comprano falsi souvenir tirolesi… e anche il giro del turismo fa parte del gioco economico, sarebbe bello limitare certe cose, ma dicono che indietro non si torna… mah! Io i miei angoli di pace cerco di costruirmeli da me! E a volte ci riesco